“Quanti sono nel mondo che leggono di tutto, meno che il libro divino!
Vanno in cerca della pagliuzza d’oro sperduta nelle viscere della terra,
e non vedono il monte d’oro che è nella Bibbia”. (L.S. 107)
“Quanti sono nel mondo che leggono di tutto, meno che il libro divino!
Vanno in cerca della pagliuzza d’oro sperduta nelle viscere della terra,
e non vedono il monte d’oro che è nella Bibbia”. (L.S. 107)
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L’INSEGNAMENTO DELLA MATITA
Il bambino guardava la nonna scrivere una lettera. Ad un certo punto chiese: “Stai scrivendo una storia su di noi? E’ per caso una storia su di me?”
La nonna smise di scrivere, sorrise e disse al nipote: “In effetti sto scrivendo su di te. Tuttavia, più importante delle parole, è la matita che sto usando. Mi piacerebbe che tu fossi come lei, quando sarai grande”.
Il bimbo osservò la matita incuriosito, ma non vide niente di speciale. “Ma è identica a tutte le matite che ho visto in vita mia”.
“Tutto dipende dal modo in cui guardi le cose. Ci sono cinque qualità in essa che, se tu riuscirai a mantenere, faranno sempre di te un uomo in pace con il mondo.
Prima qualità: tu puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una Mano che guida i tuoi passi. Questa mano noi la chiamiamo Dio, e Lui ti dovrà sempre indirizzare verso la sua volontà.
Seconda qualità: di quando in quando io devo interrompere ciò che sto scrivendo e usare il temperino. Questo fa sì che la matita soffra un poco, ma alla fine essa sarà più affilata. Pertanto, sappi sopportare un po’ di dolore, perché ciò ti renderà una persona migliore.
Terza qualità: la matita ci permette sempre di usare una gomma per cancellare gli sbagli. Capisci che correggere qualcosa che abbiamo fatto non è necessariamente un male, ma qualcosa di fondamentale per mantenerci sulla retta via.
Quarta qualità: ciò che è davvero importante nella matita, non è il legno o la forma esteriore, ma la grafite che è all’interno. Dunque, fai sempre attenzione a quello che succede dentro di te.
Infine la Quinta qualità della matita: lascia sempre un segno. Ugualmente, sappi che tutto ciò che farai nella vita lascerà tracce, e cerca di essere sempre conscio di ogni singola azione.
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Dal testo di PAOLO COELHO “Come il fiume che scorre”.
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L’UNICO CON IL QUALE NON DIALOGARE MAI…
Una notte il diavolo apparve a tre monaci e disse loro: “Se vi dessi il potere di cambiare qualcosa del passato, cosa cambiereste?”.
Il primo di loro, uomo di grande fervore apostolico, rispose: “Non permetterei ad Adamo ed Eva di cadere nel peccato e all’umanità di allontanarsi da Dio”.
Il secondo di loro, uomo pieno di misericordia, disse al diavolo: “Impedirei che tu stesso ti allontanassi da Dio, condannandoti eternamente”.
Il terzo di loro, uomo molto semplice, si mise in ginocchio, fece il segno della croce e pregò dicendo: “Signore, liberami dal diavolo e da tutto quello che poteva essere e non è stato”.
Il diavolo, urlando stentoreo e rabbrividendo dal dolore, svanì. Gli altri due monaci, sorpresi dissero al confratello: “Fratello, perché hai reagito così?”.
Il monaco rispose loro: “In primo luogo perché non dobbiamo mai entrare in dialogo con il diavolo. In secondo luogo, perché non c’è nessuno capace di cambiare il passato. In terzo luogo, perché l’interesse di satana non è quello di provare la nostra virtù, ma di intrappolarci nel passato, impedendoci di vivere bene il presente, che è l’unico tempo che Dio ci da per compiere la sua volontà”.
Affidiamo dunque il nostro passato alla Misericordia di Dio, il futuro alla Sua Provvidenza e il presente alla Sua grazia.
(Don Filippo Cotroneo)
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“FINALMENTE HO TROVATO QUALCUNO CHE HA SAPUTO ASCOLTARMI…”
( Giornata Nazionale della Consulenza Familiare)
22 maggio 2021
Proprio così dicono ai Consulenti Familiari alcune persone che cercano ascolto nei vari Consultori Familiari e Centri di Consulenza Familiare.
Ed allora vale la pena di proporre qualche considerazione sul tema dell’ascolto… a patto che chi legge abbia desiderio di ascoltare.
Scrive paradossalmente Perls: “Non c’è peggior sordo di non vuol … vedere”, lasciando intendere che la capacità di ascolto fa parte di quell’insieme di capacità artistiche ereditate dalla nascita, ma che, se non sviluppate attraverso un umile e costante tirocinio di maturazione, difficilmente potranno diventare strumento privilegiato per la professione di ascoltatore.
Ed è proprio dal 1976 che tale tirocinio di formazione viene garantito dalle varie Scuole di Consulenza Familiare (SICOF) presenti in Italia.
Un tirocinio di formazione, riconosciuto dall’AICCeF (Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari) che inizia nel 1976 ad opera del Centro Famiglia di Via della Pigna 13/A di Roma e che via via viene adottato da molti Consultori in tutta Italia.
“Saper parlare è dono di molti. Saper tacere è saggezza di pochi. Saper ascoltare è generosità di pochissimi”.
Chi può negare la verità di queste limpide parole del nostro scrittore Nino Salvaneschi? L’ascolto è una riserva di valori.
Ascoltare qualcuno è riconoscere che ha importanza per noi, che merita essere preso sul serio, è dimostrargli che siamo disposti a dargli una mano, è in anticipo di fiducia.
Ascoltare, dunque, e non solamente “sentire”. Sentire è in problema di acustica (anche gli animali “sentono”).
Ascoltare è lasciare che le parole dell’altro penetrino in noi nel profondo e vi risuonino dentro con tutta la loro forza.
Ascoltare è un’arte:
Se tale sarà l’ascolto, regaleremo al nostro interlocutore una straordinaria esperienza umana, così soddisfacente da diventare addirittura indispensabile. Lo prova questa favola.
Tanti anni fa vivevano in Cina due amici. Uno era molto bravo a suonare l’arpa. L’altro era molto bravo nell’ascoltarlo.
Quando il primo suonava o cantava una canzone che parlava, ad esempio, della montagna, il secondo diceva: “Vedo la montagna come se l’avessi davanti”.
Quando il primo suonava a proposito di un ruscello, quello che ascoltava diceva estasiato: “Sento scorrere l‘acqua tra le pietre!”.
Ma un triste giorno quello che ascoltava si ammalò e morì. Il primo amico tagliò le corde della sua arpa e non suonò mai più.
Ecco, esistiamo veramente, soltanto se qualcuno ci ascolta. (Pino Pellegrino)
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QUANDO SEMBRA DI NON FARCELA PIU’…
Quando sembra di non farcela più a sopportare il dilagare del male e prende lo scoramento, è forse più saggio, salutare e conveniente preferire alla condanna o alla denuncia del medesimo (il male si denuncia da solo), l’atteggiamento “spirituale” suggerito da queste considerazioni:
“Quando il male non dipende da noi, tacere, pregare, soffrire”. (Evagrio Pontico, IV sec.)
“Lasciate che l’errore si distrugga da solo””. (San Giovanni Paolo II)
“Dio sa che esisto e questo mi basta”. (San Giovanni XXIII)
“Tanto si sa, nella lotta tra il bene e il male vince sempre il bene. Io mi schiero dalla parte del bene, ma non combatto con le armi, bensì con l’astuzia delle parole. Non faccio come nei cartoni animati dove Il bene, combattendo contro il male, uccide e distrugge anche lui e si chiama bene soltanto perché vi fanno parte i protagonisti della storia che devono salvare il mondo ad ogni costo e devono essere a tutti i costi bravi. No, io non faccio così. Al male basta fargli un sorriso e si scioglie, perché non sopporta la felicità. Quindi per vincere la battaglia basterebbe organizzare una festa, piena di canti e di balli e piena di bambini e il male, soltanto a vederla, cadrebbe a terra vinto”. (Chiara Avanti, da un tema in classe a 13 anni)
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PER LA GIORNATA DELLA FAMIGLIA
LEGGO QUESTO:
“Le famiglie unite rendono forti;
quelle difficili, rendono liberi”.
E si potrebbe sintetizzare:
“Le famiglie difficili, purché
unite, rendono liberi e forti.
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“NE UCCIDE PIU’ LA LINGUA CHE LA SPADA”
Un proverbio antico, ma non antiquato… un vecchio proverbio, ma non un proverbio vecchio. Proprio così, un proverbio non ha età, non va mai in pensione.
Pertanto, mi piace parafrasarne un’ altro: “Un proverbio al giorno toglie il diavolo di torno”. Quel diavolo che fin dai tempi della famigerata Torre di Babele non è mai stato con le mani in mano.
E se ne vedono le conseguenze soprattutto oggi dove la comunicazione fra le persone è ammalata gravemente, dove la lingua viene usata per scopi opposti a quelli previsti dalla sua natura, spesso malefici.
E mi fermo qui, senza voler entrare nel merito specifico di questi “mali” della comunicazione, ricordando la massima di uno dei Padri del deserto (Evagrio Pontico) che avvertiva: “Quando il male non dipende da noi… tacere, pregare, soffrire”.
Molto più facile urlare, denunciare il male, puntare il dito, ma molto più spiritualmente salutare, seppur più difficile, tacere pregare e soffrire…
Scriveva san Giovanni Paolo II°: “Lasciate che l’errore si distrugga da solo”. Il brano di san Giacomo qui riportato ci mette in guardia e in un certo senso ci da tanta quiete.
“Non fatevi maestri in molti, fratelli miei, consapevoli che saremo sottoposti a un giudizio più severo degli altri. In molte cose infatti sbagliamo tutti. Se uno non sbaglia nel parlare, costui è davvero un uomo perfetto, in grado di dominare anche tutto il corpo. Quando mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, riusciamo a guidare anche tutto il loro corpo. Anche le navi, quantunque così grandi e spinte da forti venti, sono guidate da un piccolissimo timone dovunque vuole il timoniere. Così anche la lingua è un piccolissimo membro e tuttavia può vantarsi di grandi imprese. Un piccolo fuoco è capace di incendiare un grande bosco. Anche la lingua è un fuoco, un vero mondo di cattiveria. Posta fra le nostre membra, contamina l’intero corpo e incendia la ruota della vita, attizzata essa stessa dal fuoco della Geenna. Infatti ogni genere di bestie e di uccelli, di rettili e di pesci può essere domato e addomesticato dalla razza umana. La lingua, invece, nessun uomo riesce a domarla. E’ un male irrequieto, piena di mortale veleno. Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a sua somiglianza. Dalla stessa bocca escono benedizione e maledizione. Questo, fratelli, non deve accadere.” (Lettera di Giacomo, 3,1 – 4,4)
Ha scritto poco il nostro fratello Giacomo… ma quanto se ne intendeva!
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COMMENTO OMILETICO
(16 maggio 2021, Ascensione di Gesù)
(Mc. 16, 15 – 20)
MONIZIONE INIZIALE:
Nel preparare la nostra anima al nutrimento eucaristico poniamo cura nel rimuovere da mente e cuore tutti quei pensieri e tutti quei sentimenti che possono ostacolare l’assimilazione di tale alimento per la crescita della nostra fede.
MEDITAZIONE:
“Chi ben comincia è a metà dell’opera”, ammonisce un saggio proverbio, ed ancora: “Tutto è difficile prima di diventare facile”.
Ne deriva, pertanto, che per cominciare bene una missione occorre non farsi bloccare dalle difficoltà che si possono incontrare, soprattutto all’inizio.
Che sono difficoltà interiori più che esteriori, nel senso che sono difficoltà presenti, ma nascoste maggiormente, nella debole fiducia in se stessi di riuscire nell’impresa piuttosto che in oggettivi ostacoli esterni.
E’ proprio per questo ragionamento un po’ paradossale che il brano di Marco del vangelo di oggi (denominato anche “epilogo”) è molto attuale.
In ogni tempo, infatti, i discepoli si sono trovati sempre alle prese con la realtà della trasmissione della fede e con le difficoltà legate a questa missione.
Oggi, come sempre, è in gioco la trasmissione della fede, trasmissione che incontra la sua prima subdola difficoltà proprio nella titubanza, nella incredulità, nel tentennamento mentale di chi dovrebbe trasmetterla.
Infatti il brano conclusivo del vangelo di Marco (che fu collaboratore di Pietro nella predicazione del vangelo) è proprio per questo di una attualità sorprendente.
In esso infatti si vede Gesù alle prese con la realtà della trasmissione della fede, realtà che incontra le prime difficoltà a causa della durezza di cuore e della incredulità proprio da parte di coloro i quali invece avrebbero dovuto avviare questa trasmissione senza tentennamenti e dubbi.
E’ così che una realtà si trasforma in problema, in questa resistenza della mente umana ad accettare il mistero, il dato di realtà del mistero.
E il dato di realtà da accettare senza freni e sospettosità è il Cristo risorto. Che lo si sia visto direttamente o che ci si abbandoni ad accettare la testimonianza di chi asserisce di averlo visto, poco conta.
Quello che conta, quando ci si rende conto di avere, in dono, la missione della trasmissione della fede, è di abbandonarsi alla fede immediatamente, il che comporta l’abbandonare decisamente il dubbio, l’incertezza, il sospetto, il tentennamento, il troppo ragionare.
Infatti Gesù è risentito di tutto ciò e rimprovera di brutto i suoi intimi amici discepoli per non aver prestato subito fede alla Maddalena, prima e ai due di ritorno a Emmaus, poi (“Perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato”).
E’ bello e confortante rimarcare la dinamica interiore di questo “abbandonarsi a credere” , abbandonando tutto quello che la può ostacolare.
E’ una dinamica simile a quella che si vive nel vedersi recapitare un pacco – dono inaspettato e da accettare a scatola chiusa, senza fare domande e godendo subito del fatto che è stato confezionato proprio per noi.
Ci sarà tempo poi di scartare il pacco e di vivere quotidianamente lo stupore della scoperta di quanto fosse prezioso quel dono pensato e voluto dal donatore (Donatore…) proprio per sé.
Il dono della fede è gratuità assoluta da parte di Dio e l’accoglienza di tale dono genera la gioia riconoscente da parte dell’uomo.
Gratuità e gioia diventano così le due rotaie del binario su cui far viaggiare, nel tempo, la trasmissione della fede.
Riconoscere la gratuità del dono e gioire per questo dono diventano così la modalità relazionale privilegiata da assumere con i fratelli perché la fede continui a circolare nella storia dell’umanità.
E i frutti visibili (straordinari o meno) che si vedranno (belle le metafore dei serpenti inoffensivi, dei veleni innocui, dei nuovi linguaggi nei quali far calare la evangelizzazione… usate da Gesù per incoraggiare i suoi) saranno la garanzia che la storia della salvezza continua.
La trasmissione della fede da parte di chi ha vera fede mette il futuro al sicuro, il proprio futuro personale e il futuro della medesima fede, a condizione che avvenga nella gratuità gioiosa del testimoniare… costi quel che costi.
PREGHIERA DEI FEDELI:
Ti preghiamo, o Signore, per Papa Francesco perché continui ad essere faro, esempio e punto di riferimento per tutti i credenti in Cristo risorto. Ascoltaci, o Signore.
Ti preghiamo, o Signore, per tutti i consacrati, gli ordinati, le claustrali e i monaci perché siano rinforzati dalla grazia per proseguire senza titubanze la missione della testimonianza della fede. Ascoltaci, o Signore.
Ti preghiamo, o Signore, per tutti quei credenti la cui fede subisce gli assalti della tentazione del dubbio, del tentennamento perché avanzino decisamente sulla strada della salvezza. Ascoltaci, o Signore.
Ti preghiamo, o Signore, per gli uomini e le donne d’oggi sovente brancolanti fra le tenebre del dubbio e i proclami urlati dei falsi profeti perché si pongano in ascolto del richiamo silenzioso di Dio che risuona soave nella loro anima. Ascoltaci, o Signore.
BENEDIZIONE FINALE:
Nutriti e corroborati da questo alimento eucaristico, ringraziamo nuovamente Dio e rinnoviamo il nostro impegno di testimonianza non perdendoci d’animo quando difficoltà esterne o debolezza interiore mettono a dura prova la nostra fede.
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