SCHERMO E PROIETTORE… insegnano qualcosa a chi ama imparare
Non mi è simpatico (sebbene ne abbia titolo come semplice pensatore di strada…) interpretare “affermazioni” (eufemismo) di politici, opinionisti, intellettuali , ideologi, però questa volta faccio una eccezione.
E faccio questa eccezione in considerazione del fatto che talune “affermazioni” mi sembrano più dei veri e propri giudizi ed insulti che semplici ed innocue affermazioni” pronunciate contro coloro che la pensano “diversamente”.
E’ un malvezzo del pensiero unico, purtroppo imperante in certa cultura autoreferenziale, considerare i “diversamente pensanti” come pensatori che usano male il cervello o che non lo usano affatto o, peggio ancora, come nemici da temere.
E faccio questa eccezione confortato da quel poco o tanto appreso dalla frequentazione pluriennale di psicologi sani e seri e lo faccio ponendo discretamente, ma con fermezza scientifica, una domanda.
Questa la domanda: “Non può essere che quanto di negativo (uso un eufemismo) viene affermato da taluni nei confronti di altri possa non essere la “proiezione” delle loro negatività?”.
Il meccanismo psichico della “proiezione” infatti funziona così: quello che si vede proiettato su di uno schermo in realtà sta nel proiettore.
Quanto di brutto vedo o dico (sentenzio, biasimo, giudico) degli altri non potrebbe essere quello che di brutto è dentro di me?
E’ un meccanismo inconscio, ovviamente, per riconoscere il quale occorre una buona dose di umiltà psichica.
Questo meccanismo (meccanismo proiettivo) è noto anche a psicologi di primo pelo ed anche, paradossalmente parlando, a Psicologi Non Laureati (curioso notare che le iniziali P.N.L. siano la sigla di un approccio terapeutico – Programma Neuro Linguistico – molto apprezzato insieme a tutti gli altri).
Aggiungo che la “proiezione”, unitamente alla “negazione” (negare o non riconoscere un problema, un dato di realtà, un errore per evitare guai ) alla “interpretazione” (arrampicarsi sugli specchi adducendo spiegazioni auto giustificative) e la “generalizzazione” (il classico auto giustificativo della serie “fanno tutti così”) sono considerati da tutta la letteratura psicologico –umanistica come dei meccanismi di difesa “infantili”.
Il bambino cioè ricorre a questi meccanismi di difesa quando si trova in situazioni che potrebbero riservargli rimproveri, punizioni, ramanzine…
L’adulto che ricorre a questi meccanismi di difesa si configura come un bambino diventato grande, ingrandito, ma non “cresciuto”.
L’adulto che riconosce invece i suoi limiti ed errori (e magari chiede umilmente di essere scusato) si configura come un bambino cresciuto bene.
Un seme ingrandito è un semone, un bambino ingrandito è un bambinone. Un seme cresciuto bene è una pianta, un bambino cresciuto bene è un adulto.