Archivi del mese: febbraio 2023

UN RICORDO DELLA NOSTRA AMATA CHIARA

                            LA SORPRESA IN DISCOTECA

(Essere felici della felicità degli altri è una raffinatezza dell’amore)

“Pronto Chiara, allora si va in discoteca oggi? Alle 15 va bene?”.  Un sabato cominciato così, con un programma ormai solito e scontato, uno scopo banale che tutti i fine settimana o quasi mi porta a passare il pomeriggio in discoteca, quasi ci fosse una forza calamitata ad attirarmici.

Come me ci sono milioni di giovani che trascorrono le ore ballando a volume esagerato in mega stanzoni semibui, di tanto in tanto abbagliati da luci stroboscopiche o psichedeliche.

E’ un mondo a parte, di questo ne sono convinta, è un pianeta a se stante che ruota, o è fatto ruotare attorno ai giovani di tutti i tipi, di ogni età e condizione.

Una cosa però accomuna tutti i frequentatori di sale d ballo, la  voglia di ridere, di divertirsi, farsi notare, esprimersi magari con movimenti se magari a parole si è timidi, essere qualcuno, uscire dalla routine quotidiana e lasciarsi andare, infischiarsene di essere presi in giro, anche perché non c’è ballo che va di moda e ognuno si scatena a modo suo, personalissimo, senza mai essere deriso.

Quel pomeriggio sono arrivata davanti al “Makumba” alle 16 circa. Dopo una fila straziante, condita da spintoni, risse, svenimenti, manganellate da parte dei buttafuori, alle 17,35 finalmente ero con mezzo piede in pista. In un attimo mi è passato tutto il rancore e la rabbia accumulati durante un’ora e mezza di attesa, ed ho cominciato a ballare con i miei amici, saltando da un cubo all’altro, cercando di imitare i passi che mi piacevano di più e, beh… diciamolo, cercando anche di “rimorchiare” qualche bel ragazzo. Non è per tutti vero che il volume della musica annebbia il cervello. A me, ad esempio fa pensare: la mia mente in discoteca comincia a viaggiare mentre il mio corpo va da solo, io ricordo, rifletto, penso.

Ed è stato proprio in uno di questi momenti che, sabato, ho notato un particolare che mi ha sconvolto, al punto di farmi sedere per cinque minuti. La discoteca di solito è grande, ci sono parecchi spazi dove è possibile ballare e, si sa, i ragazzi riescono ad infilarsi ovunque e comunque, negli angoletti, tra le sedie, tavoli, pedane, scale.

L’unico spazio libero resta dunque la base sottostante la consolle del disc-jockey. E’ una zona un po’ più buia perché la luce proveniente da sopra impedisce di vedere bene.

Io stavo ballando felicemente quando, guardando da quella parte, ho notato una sagoma un po’ strana, una realtà inusuale per una discoteca: un ragazzo paralizzato su una sedia a rotelle. Il mio sguardo era stato letteralmente catturato ed i miei movimenti sono piano piano diminuiti e, senza rendermene conto, ho rallentato fino a fermarmi del tutto.

La prima impressione è stata di infinita pena per quell’essere umano costretto all’immobilità, impressione accompagnata da rabbia verso me stessa per l’incapacità di apprezzare la fortuna di essere nata sana.

In poco tempo anche i miei amici si sono accorti di quel ragazzo, e tutti, ad uno ad uno, si sono contemplati a contemplare, a riflettere, a parlare.

La reazione più violenta è stata quella di Enrico che per la collera, ha preso a calci un’inferriata, non riuscendo a comprendere e ad accettare come mai una madre arrivasse a torturare tal punto il proprio figlio da accompagnarlo a vedere gente che ballava, gente libera di fare quello che lui non avrebbe potuto fare, insomma a vedere gente “normale” di discoteca. Come un uccellino in gabbia, costretto a guardare uno stormo che migra ad oriente verso la libertà e l’avventura.

Tentavo di continuare a ballare, ma il mio sguardo si rivolgeva irresistibilmente verso di lui… ed è stato meglio così, perché tra fumo, gente ammassata, luci, rumore… io ed i miei amici avevamo voluto vedere in lui le cose che volevamo noi, il pretesto per iniziare le solite polemiche ciniche da bar sulla pena provocata dagli handicappati e la fortuna nostra di essere normali, trascurando però  il particolare più importante, più significativo, il particolare di provare a mettersi nei “suoi” panni.

Dopo averlo infatti osservato più volte, l’occhio si era abituato all’oscurità, al punto di essere riuscita con infinito stupore a vedere il suo volto: era contento, gioioso, rideva. Il suo sorriso ha illuminato il mio cuore, è stato come dirmi: “Guarda che io sono contento, sono contento per quello che ho”.

La pena e la compassione sono svanite quasi per incanto ed il loro posto è stato preso da un’immensa ammirazione e di una sorta di strana invidia.

Non tanto nei confronti del suo deficit fisico, quanto per la sua superiorità psicologica ed emotiva.

Il suo sguardo infatti era illuminato, il suo sorriso gioioso. Riusciva anche a battere il ritmo della musica con i movimenti del capo. Ho ripreso a ballare più contenta di prima ed ho capito che la “normalità” è una condizione personale, psicologica, interiore.

Un uccellino in gabbia può anche guardare gli stormi migrare nel cielo, senza rattristarsi, anzi riuscendo a ricavare la sua felicità proprio da quel migrare altrui.

(Da un tema a 18 anni di Chiara Avanti, volata il Cielo a 41 anni l’8 settembre 2017, lasciando nello sgomento i suoi cinque figli e tutti coloro che ha amato  e che l’hanno amata.

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CI SONO SEMPRE MARGINI DI … PEGGIORAMENTO!

LATTE, BURRO E UOVA
1969 : Vai a prendere il latte dal lattaio, che ti saluta, con in mano il bidone in alluminio; prendi il burro fatto con latte di mucca, tagliato a panetti. Poi
chiedi una dozzina di uova che sono messe in un vaso di vetro.>Paghi con il sorriso della lattaia ed esci sotto il sole splendente.
Il tutto ha richiesto 10 minuti di tempo.
2010 :Prendi un carrello del cavolo, che ha una ruota bloccata, che lo fa andare in tutti i sensi salvo in quello che tu vorresti, passi per la porta che
dovrebbe girare, ma che è bloccata perché un cretino l’ha spinta; poi cerchi
il settore latticini, dove normalmente ti ghiacci e cerchi di scegliere fra
12 marche di burro, che dovrebbe essere fatto a base di latte comunitario. E controlli la data di scadenza….
Per il latte: devi scegliere fra vitaminico, intero, scremato, nutriente,
per bambini, per malati o magari in promozione, ma con la data di scadenza
ed i componenti…. Lasciamo perdere!
Per le uova: cerchi la data di deposizione, il nome della ditta e
soprattutto verifichi che nessun uovo sia incrinato o rotto e, accidenti!!!
Ti ritrovi i pantaloni sporchi di giallo!
Fai la coda alla cassa, ma la cicciona davanti a te ha preso un articolo in
promozione che non ha il codice….
allora aspetti e aspetti…. Poi sempre con questo carrello del cavolo, esci
per prendere la tua auto sotto la pioggia, ma non la trovi perché hai
dimenticato il numero della corsia….
Infine, dopo aver caricato l’auto, bisogna riportare l’arnese rotto e solo
in quel momento ti accorgi che è impossibile recuperare la moneta…. Torni
alla tua auto sotto la pioggia che è raddoppiata nel frattempo….
E’ più di un’ora che sei uscito.

FARE UN VIAGGIO IN AEREO
1969 :Viaggi con Alitalia, ti danno da mangiare e ti invitano a bere quello che
vuoi, il tutto servito da bellissime hostess: il tuo sedile è talmente largo che ci può stare in due.
2010 :Entri in aereo continuando ad impigliarti con la cintura, che ti hanno fatto togliere in dogana per passare il controllo.
Ti siedi sul tuo sedile e se respiri un po’ forte dai una botta con il
gomito allo schienale del vicino. Se hai sete lo stewart ti porta la lista e
i prezzi sono stratosferici.

MICHELE VUOLE ANDARE NEL BOSCO ALL’USCITA DA SCUOLA. Mostra il suocoltellino a Giovanni, con il quale pensa di fabbricarsi una fionda.
1969 :Il direttore scolastico vede il suo coltello e gli domanda dove l’ha
comprato, per andarsene a comprare uno uguale.
2010 :La scuola chiude, si chiama la polizia, che porta Michele in commissariato.
Il TG1 presenta il caso durante il telegiornale in diretta dalla porta della
scuola.
 
DISCIPLINA SCOLASTICA
1969 :Fai il bullo in classe. Il professore ti molla una sberla. Quando arrivi a
casa tuo padre te ne molla un altro paio.
2010 :Fai il bullo. Il professore ti domanda scusa. Tuo padre ti compra una moto e va a spaccare la faccia al prof!

FRANCO E MARCO LITIGANO. Si mollano qualche pugno dopo la scuola.
1969 : Gli altri seguono lo scontro. Marco vince.
I due si stringono la mano e sono amici per tutta la vita.
2010 :La scuola chiude.
Il TG1 denuncia la violenza scolastica.
Il Corriere della Sera mette la notizia in prima pagina su 5 colonne.


ENRICO ROMPE IL PARABREZZA DI UN AUTO NEL QUARTIERE. Suo padre sfila la cintura e gli fa capire come va la vita.
1969 : Enrico farà più attenzione la prossima volta, diventa grande normalmente, fa degli studi, va all’università e diventa una bravo professionista.
2010 : La polizia arresta il padre di Enrico per maltrattamenti sui minori. Enrico si unisce ad una banda di delinquenti. Lo psicologo arriva a convincere sua sorella che il padre abusava di lei e lo fa mettere in prigione.

GIOVANNI CADE DOPO UNA CORSA A PIEDI. Si ferisce il ginocchio e piange. La professoressa lo raggiunge, lo prende in braccio per confortarlo.
1969 : In due minuti Giovanni sta meglio e continua la corsa.
2010 : La prof è accusata di perversione su minori e si ritrova disoccupata, si becca 3 anni di prigione con la condizionale.
Giovanni va in terapia per 5 anni. I suoi genitori chiedono i danni e gli
interessi alla scuola per negligenza nella sorveglianza e alla professoressa
per trauma emotivo. Vincono tutti i processi. La prof disoccupata e
interdetta si suicida gettandosi da un palazzo.
Più tardi Giovanni morirà per overdose in una casa occupata.


ARRIVA IL 25 OTTOBRE.
1969 : Non succede nulla.
2010 : E’ il giorno del cambio dell’ora legale: le persone soffrono d’insonnia e di depressione.


LA FINE DELLE VACANZE.
1969 : Dopo aver passato 15 giorni di vacanza con la famiglia, nella roulotte
trainata da una Fiat 125, le vacanze terminano.
Il giorno dopo si ritorna al lavoro freschi e riposati.
2010 : Dopo 2 settimane alle Seychelles, ottenute a buon mercato grazie ai “buoni vacanze” ditta, rientri stanco ed esasperato a causa di 4 ore di attesa all’aeroporto, seguite da 12 ore di volo.
Al lavoro ti ci vuole una settimana per riprenderti dal fuso orario.


Come si dice: viviamo in un’epoca davvero formidabile!


2023: STIAMO PEGGIORANDO, SEPPUR IMPERCETTIBILMENTE

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QUANDO IL PREGARE SEMBRA PESARE, PERCHE’ NON PROVARE A PENSARE?

“Non ho mai pregato molto. Preferisco pensare, pensare a Dio. Cento volte mi è stato detto che non è la stessa cosa. Certo, per loro non è la stessa cosa, non pensano o pensano poco. Ma io non posso pregare senza pensare. Quando incomincio a pensare, finisco sempre per pregare. Ma quando comincio subito col pregare non penso più e dormo. Non sono mai riuscito a sapere se ero troppo mistico o non abbastanza”. (Jean Guitton in IL MIO TESTAMENTO SPIRITUALE, Mursia)

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ANCHE PER SORRIDERE UN PO’…

“Chi non riesce ad accettare una sofferenza naturale va a inventarsi una sofferenza nevrotica”. (Jung)

“Tu solo ce la puoi fare, ma non ce la puoi fare da solo”.

“I fiori rossi del mio giardino sono tutti secati. Allora io sono andato dal fiore più grande e ci o deto: “Perché siete tutti secati? Allora il fiore che stava per morire ha aprito gli occhi e mi ha deto così: “Noi siamo tutti secati perché in questa casa non ci è amore e i fiori senza amore muoiono”.

Anno ragione i fiori del mio giardino perché la mia mamma e il mio babo non si vogliono bene”. (Un bambino di sette anni da R. Battaglia, LETTERE DAL DOMANI, S.E.I.)

SIAMO MARITO E MOGLIE

Vi sono donne che dicono: “Mio marito può pescare se desidera, ma i pesci li dovrà pulire lui”. Non io. A qualunque ora della notte e lo aiuto a disporre, pulire e salare i pesci. E’ così bello, noi due soli in cucina, ogni tanto i nostri gomiti si toccano. E lui dice cose del tipo: “Questo m’ha dato del filo da torcere. Luccicava come l’argento quando balzò in aria”. E mima il balzo con la mano. Attraversa la cucina come un profondo fiume, il silenzio del primo incontro. Infine i pesci sono sui piatti., si va a dormire. L’aria balugina d’argento, siamo marito e moglie. (Adelia Prado)

DIO PADRE CI HA CREATO (Pensieri sparsi dei bambini di Arzano)

“Dio ha fatto bene a crearci, solo che ha esagerato un po’”.

“E’ scontato che fu Dio a crearci”.

“O Dio o qualcun’ altro, qualcuno ci doveva creare”.

“Dio ci ha creati perché ci voleva più bene di prima”.

“Dio ha creato pure i negri solo che loro non lo sanno”.

“Dio ci ha creato  per spedirci con calma in Paradiso”.

“Dio ci creò antichissimi”.

“Dio prima creò l’uomo e poi lo addomesticò”.

“Dio ci ha creati per farci circolare”.

“Dio ci ha creato con molta cautela”.

“Se Dio ci ha creati, perché a mio fratello lo hanno messo in collegio?”.

“Ma se Dio sapeva che la maggior parte andava all’inferno, perché li ha creati?”.

“Al pronto soccorso, uno che si era  fatto male, non ci credeva che Dio ci  ha creati”.

ERA TROPPO TARDI

Non ho mai conosciuto il nonno, ma ho sempre saputo che era alto solo un metro e 53, mentre la nonna era una spilungona, alta un metro e 85. Un giorno, mentre sfogliavo un album di vecchie fotografie con  la nonna, mi sono resa conto della strana figura che dovevano fare insieme. Ho chiesto: “Nonna, come hai fatto a innamorarti di un uomo tanto più basso di te?”. Mi ha risposto: “Tesoro, ci siamo innamorati stando seduti, e quando mi sono alzata in piedi era troppo tardi”. (Rebecca W. Elwood)

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Le poesie di FRANCESCO

PENSIERO DÌ RONDINE

Una rondine volava libera e tranquilla

nel firmamento d’azzurro intenso.

Ad un tratto un proiettile le colpì un’ala

facendola piombare dall’alto in giù.

Fu poco prima d’arrivare a terra  che la rondine pensò:

Vorrei un giorno poter volare ancora in questo cielo,

ma   senza preoccupazione e paura.

Vorrei un giorno vagare ancora libera e felice come un pensiero

d’amore che attraversa lentamente e pacatamente il cuore.

Vorrei essere un pensiero libero nell’animo degli uomini

per volare di qua e di là rendendoli felici

e puliti da ogni preoccupazione.

Vorrei un giorno poter sorridere e portare il mio sorriso

alle persone tristi e disperate. Vorrei poter avere una bacchetta

magica che crea arcobaleni d’amore e d’amicizia

e sparare questi arcobaleni nelle persone per farle pentire.

E poi, in punto di morte, fece quest’ultimo pensiero:

Vorrei essere un pensiero, sì un pensiero, per poter rendere

felici le persone, vorrei essere qualcosa d’importante per qualcuno.

Poi finì di pensare e morì lì, sola sul prato, con l’ala sanguinante.

Chissà se i suoi pensieri potranno un giorno diventare realtà,

magari pensando che potrebbe essere ognuno di noi

quella dolce e povera rondine(Francesco Avanti 12 anni)

ALLA MORTE DEL NONNO  (Valmasino, 5.10.99)

E volando vai nelle nevi e sui ghiacciai rischiarando.
Io non so ove tu sia adesso.
Forse è un’illusione ed un pueril sognar che mi spinge a scorgerti volar.
E sulle inaccessibil cime delle montagne tue, nella notte voli.
E qualcuno laggiù ti piange,
piange la tua assenza
e freddo sarà il suo letto senza te,
fredda la sua anima.
E intanto volando vai a rincorrer gli ultimi raggi dorati
e d’albe dorate ti vestirai.

Sorridente e dolce mi piace immaginarti.

E a quel tuo amico che ti pianse e che mesto davanti al tuo giaciglio
ti salutò, riscalderai l’inverno con i tuoi ricordi.
Bruciano infatti più dolcemente i ricordi nella fredda
ed ancestrale notte novembrina.

Tu lo riscalderai con fiamma di memoria quando nel freddo mese
solo se ne starà davanti al suo camino e scorreranno le lacrime sul vetusto viso.

E la donna tua che piangendo ti preparò e scelse con amore la bella ed estrema veste
guarderai dalle finestre, fluttuando te ne andrai tra le nebbie e ad ella che col
capo chino nel solaio andrà a prendere un altro pezzo di legna per scaldare il vuoto,
tu le rivolgerai parole d’amore e con occhi colmi di gioia la lascerai “a presto”…
sussurrandole.
E poi ancora su’, tra le nevi perenni sulle cime che rosee al tramonto divengono
e giù nei boschi baciati dalle prime nevi, sugli alberi spogli e nelle caverne ventose,
nel tuo fiume, nelle tue valli voli; sì,  io è così che voglio immaginarti adesso
che volando vai nelle nevi e sui ghiacci rischiarando.
(Francesco Avanti, 18 anni)

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UNA DRITTA PER FILARE DRITTI

QUANDO UNA PROMESSA SI PUO’ MANTENERE

Supponi che uno con il vizio del gioco un bel mattino

si dica: “Faccio voto solenne e sacro di non giocare mai più.

Questa sera sarà l’ultima volta”.

Ebbene, amico mio, per quanto strano possa sembrare

il preferirei il comportamento opposto,

ossia che il giocatore dicesse: “Tutto il resto della mia vita

e tutti  i giorni io potrò giocare, ma questa sera lascio perdere”.

Soltanto così manterrebbe la promessa e sarebbe quasi

sicuramente salvo.(S. Kierkegaard)

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PERLE

                                    LE COSE CHE NON HAI FATTO

                        (Una delle più belle poesie d’amore di una ragazza

                            americana al tempo della guerra in Vietnam)

Ricordi il giorno che presi a prestito la tua macchina nuova e l’ammaccai? Credevo che mi avresti uccisa, ma tu non l’hai fatto.

E ricordi quella volta che ti trascinai alla spiaggia, e tu dicevi che sarebbe piovuto e piovve? Credevo che avresti esclamato: “Te l’avevo detto”. Ma tu non l’hai fatto.

Ricordi quella volta che civettavo con tutti per farti ingelosire e tu ti eri ingelosito? Credevo che mi avresti lasciata, ma tu non l’hai fatto.

Ricordi quella volta che rovescia la torta di fragole sul tappetino della tua macchina. Credevo che mi avresti picchiata, ma tu non l’hai fatto.

E ti ricordi quella volta che mi dimenticai di dirti che la festa era in abito da sera e tu ti presentasti in jeans? Credevo che mi avresti mollata, ma tu non l’hai fatto.

Sì, ci sono tante cose che non hai fatto. Ma avevi pazienza con me, e mi amavi, e mi proteggevi. C’erano tante cose che volevo farmi perdonare quando tu saresti tornato dal Vietnam. Ma tu non sei tornato.

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PER ADDETTI AL LAVORO… DI AIUTARE GLI ALTRI

COME ESSERE VERAMENTE DÌ AIUTO

  Viveva un tempo un vecchissimo cammelliere che aveva quattro figli. Quando fu sul letto di morte fece chiamare i figli e disse loro: “Vi insegno un’ultima cosa, forse la più importante. Ascoltate le mie ultime parole ed applicatele senza modifiche. Imparerete il più grande insegnamento sull’educazione.

   Quando morirò voglio che dividiate i cammelli che vi lascio in eredità: ½ al più grande di voi; ¼ al secondo; 1/8 al terzo e 1/10 all’ultimo.

   Fate come vi dico e ne trarrete un vero insegnamento per la vostra vita. Il vecchio morì e i figli restarono alquanto  interdetti. I cammelli erano 39.

   Dopo aver cercato di fare la divisione in tutti i modi, cominciarono a dubitare della salute mentale del padre e a litigare su come poter fare.

   Passò per la piazza del paese un vecchio saggio, si fermò ad abbeverare il proprio cammello alla fontana della piazza. Era vecchio, con una lunga barba bianca e un grande turbante azzurro.

   I ragazzi lo interpellarono chiedendo disperatamente il suo aiuto. Il saggio li ascoltò. Poi si grattò la barba, si guardò attorno e iniziò a dividere i cammelli.    Li divise esattamente come il padre aveva chiesto, poi riprese il suo cammino e ripartì. Come aveva operato il saggio? Ancora una volta la soluzione ci chiede di uscire dai soliti schemi.

   Il saggio aveva posto tra i loro anche il proprio cammello. Ora che i cammelli erano 40 (39 + il suo) aveva diviso così:

½ di 40 = 20

¼ di 40 = 10

1/8 di 40 = 5

1/10 di 40 = 4

Quindi 20 + 10 + 5 + 4 = 39

Il suo cammello non serviva più. Lo riprese e ripartì per la sua strada.

   Questa semplice e nota favoletta ci aiuta a cogliere l’insegnamento sull’atteggiamento da assumere nella comunicazione e relazione educativa.

   Dobbiamo mettere in comune il nostro cammello, ma sapendo che esso serve solo per mettere ordine nell’universo psichico del bambino (e non solo del bambino) e, svolto il suo compito, non serve più.

   A quel punto possiamo e dobbiamo riprendercelo. E’ nostro, a noi è indispensabile, al bambino (e non solo al bambino) non serve più.

   Insistere affinchè si tenga il nostro cammello sarebbe altrettanto sbagliato che rifiutarglielo quando ne ha bisogno.

   Pensate a quanti maestri e a quanti genitori, in particolari madri, definiscono se stessi in base al cammello donato a figli/scolari.

   Questo farà sì che, inconsciamente,  lotteranno perché il bambino non cresca, perché tenga ancora il loro cammello, perché essi si sono definiti come madri o come maestri, non come persone.

   Quando il bambino cresce vanno in crisi e perdono il loro ruolo che è andato a coincidere con la loro identità.

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QUESTA E’ BELLA

UNA POSSIBILE VIA DEL CAMBIO

Per anni sono stato un nevrotico.

Ero ansioso, depresso ed egoista.

E tutti continuavano a dirmi di cambiare.

E tutti continuavano a dirmi quanto fossi nevrotico.

Ed io mi risentivo con loro ed ero d’accordo con loro,

e volevo cambiare, ma non ci riuscivo,

per quanto mi sforzassi.

Ciò che mi faceva più male era che anche

Il mio migliore amico continuava a dirmi

quanto fossi nevrotico.

 Anche lui continuava a insistere che cambiassi.

Ed io ero d’accordo con lui

e non riuscivo ad avercela con lui.

E mi sentivo così impotente e intrappolato.

Poi un giorno mi disse: “Non cambiare, rimani

come sei, non importa se cambi o no. Io ti amo

così come sei; non posso fare a meno di amarti”.

Quelle parole suonarono come una musica

per le mie orecchie. “Non cambiare, non cambiare,

non cambiare, ti amo”.

E mi rilassai, mi sentii vivo.

E, meraviglia delle meraviglie, cambiai.

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IL CORPO GRIDA QUELLO CHE LA BOCCA TACE

La malattia è un conflitto

tra la personalità e l’anima:

Il raffreddore cola quando

il corpo non piange.

Il dolore di gola tampona

quando non è possibile

comunicare le afflizioni.

Lo stomaco arde quando

le rabbie non riescono ad uscire.

Il diabete invade quando la solitudine

duole. Il corpo ingrassa quando

l’insoddisfazione stringe.

Il mal di testa deprime quando i dubbi

aumentano. Il cuore allenta quando

il senso della vita sembra finire.

        Il petto stringe quando l’orgoglio schiavizza.

    La pressione sale quando la paura imprigiona.

      La febbre scalda quando le difese sfruttano

                le frontiere dell’immunità. Le ginocchia dolgono

                quando il tuo orgoglio non si piega.

                  E i tuoi dolori silenziosi?

                     Come parlano nel tuo corpo?

                              (A. Jodorowsky)

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