Archivi del mese: aprile 2022

LA SOAVE MAGIA DEL SORRISO

                                                              LA SOAVE MAGIA DEL SORRISO

            (“Non bisogna fidarsi delle persone che non sorridono mai… non sono persone serie”)

C’era una volta un sorriso che se ne andò a spasso per il mondo. Era un sorriso cordiale, allegro affettuoso. Era felice come può esserlo un sorriso e ogni tanto fischiettava.

   Arrivò un giorno in una città dove gli abitanti e il traffico erano particolarmente nervoso. Stava giudiziosamente aspettando il verde ad un semaforo, quando due auto si urtarono. Si arrestarono stridendo sul ciglio della strada, le portiere si aprirono e dalla prima auto balzò fuori un uomo con un cipiglio feroce.

   In modo fulmineo il sorriso si attaccò alla sua bocca e gli illuminò il volto con una luce arrendevole, disponibile, amichevole. La signora irritata che stava venendo fuori dall’altra auto con i pugni chiusi, rimase interdetta, sorpresa e stupita. Poi sorrise anche lei.

“Chiedo scusa, è colpa mia” disse subito.

“Capita, pazienza…” rispose l’uomo.

“Prendiamo un caffè insieme?”.

Il sorriso riprese il suo cammino.

Fece sorridere l’impiegato dell’ufficio postale e tutta la fila di gente in attesa fiorì di chiacchere.

Passò sul viso di un insegnante e gli studenti cominciarono a stare attenti.

Si fermò sulla faccia di un professore del policlinico e gli ammalati si sentirono meglio.

Poi toccò ad un capoufficio, alla cassiera del supermercato, ad un marito che tornava a casa. A due ragazzini che si erano sempre detestati.

Alla sera il sorriso ripartì. Era un po’ stanco, ma la città era più felice.

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                (Bruno Ferrero, I FIORI SEMPLICEMENTE FIORISCONO, LDC) 

                                                 CI LAMENTIAMO TROPPO…

“In generale noi uomini ci lamentiamo troppo. Accusiamo la sorte o la natura o la società come se tutta la nostra vita trascorresse nel subire disgrazie.

Eppure quanti momenti felici e lieti, inconsapevolmente felici davanti alla primavera, al sole mattutino.

Quante ore belle, quante belle giornate di cui godiamo senza parlarne. Si soffre rumorosamente e si gioisce in silenzio” . (Sainte-Beuve)

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Più che una ricetta

1)  NON COSTRUIRE MURI, PERCHE’ SONO PERICOLOSI.

     IMPARA A OLTREPASSARLI.

2)  VIVI NEL PRESENTE, PERCHE’ OGNI ISTANTE E’ PREZIOSO

      E NON PUO’ ESSERE SPRECATO

3)  PRIMA DI OGNI ALTRA COSA, ABBI CURA DI TE STESSA.

4)  NON ASCOLTARE IL TUO EGO. SII SPONTANEA.

      E PROVA A VEDERE COSA SUCCEDE.

5)  TUTTO E’ POSSIBILE, SEMPRE.

6)  QUANDO QUALCUNO TI DA QUALCOSA, RICEVERE E’ UN ATTO

      DI GENEROSITA’.PERCHE’ NELL’ATTO STESSO DI DARE SI RICEVE QUALCOSA.

          (Dal libro, DIO SU UNA HARLEY, di Joan Brady)

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NEI PANNI DI GESU’

2                                  NEI PANNI DI GESU’… NELL’INTERVALLO DI TEMPO

                                TRA VENERDI’ POMERIGGIO E DOMENICA NOTTE…

   Non appena spirato, ad anima libera, ho rivisto in un attimo il film della mia vita mentre una sarabanda di emozioni e di pensieri (da uomo o da Dio… non li so distinguere)  mi  faceva come da colonna sonora.

   Gioia e contentezza perché tutto era finito bene, come voleva il Padre (del cui Spirito sono pieno anch’io) e perché non avevo deluso la Madre (alla quale ho sempre ubbidito) .

   Gioia piena sostenuta da un convincimento, quello che era andato tutto bene per aver saputo resistere alle tentazioni che mi potevano distogliere dalla mia missione.

   Quelle del deserto le conoscete e vi confido che sono l’anima di ogni tentazione e che mirano ad un unico obiettivo, quello di  separarvi dal Padre Mio e vostro facendovi credere, di conseguenza, che la vita vada vissuta per se stessi e basta. Infatti, a  ben considerare, tutte e tre le tentazioni fanno leva proprio su questo asserto: vivere solo per se stessi.

   La prima, quella che mi sollecitava a trasformare le pietre in pane, era anche patetica perché, oltre tutto, non c’era neppure nessuno ad applaudire l’eventuale successo.

   Senza dire poi che già immaginavo confusamente che, di lì a non molto, avrei trasformato il pane nel Mio Corpo. E poi, la vanità non era mai stata e non sarebbe stata mai il mio forte. Cedere sarebbe stata la conferma che badavo solo a me stesso e tutto sarebbe finito lì.

   Nella seconda tentazione c’era molta gente che mi avrebbe potuto applaudire se non mi fossi spiaccicato a terra dopo il volo dalla sommità del tempio; ma io lo conosco bene il Padre e mai avrebbe fatto eccezioni alle leggi dell’universo da Lui stabilite. Cedere avrebbe comportato ancora una volta di  pensare soltanto a me.

   La terza aveva un lato debole, perché se anche avessi ceduto ed ottenuto  il potere promessomi da Satana, sapevo che esso avrebbe avuto una durata molto limitata,  e a Me, che vivevo e vivo nello spazio infinito dell’Eterno, questa prospettiva sinceramente non mi allettava per niente. Senza trascurare il fatto che il menzognero Satana non avrebbe certamente mantenuto la sua promessa.

   E fu così allora che, grazie allo Spirito che mi spinse di proposito in quel misterioso deserto,  imparai come si combatte, vincendo, contro le tentazioni.

   Tentazioni che, una volta deciso a andarmene da Nazaret per iniziare la mia missione, si presentavano sempre in forme diverse, ma, in sostanza, maledettamente uguali. Vi racconto la prima all’inizio della mia missione e l’ultima alla conclusione  di tutto.

   A  Cana fui nuovamente tentato dalla vanità. In quel pranzo di nozze dove nessuno sapeva chi fossi veramente, accadde che,  su provocazione della mia Mamma,  fui indotto a trasformare l’acqua in vino. Questo successo mi avrebbe potuto far montare la testa e aprirmi  una carriera….

   Resistetti e respinsi  questa tentazione perché già immaginavo, seppur confusamente, che nella cena dell’ultimo giovedì della mia vita avrei trasformato quel vino in Sangue.  Resistetti quindi e tirai dritto per la mia strada.

    E la sera di giovedì, non più a pranzo ma a cena, si affacciò una strana tentazione, la tentazione della paura suprema che si presentava sotto la curiosa forma di non perdere la faccia, di non deturpare l’immagine che si aveva di me, di non deludere le aspettative, di buttare tutto a carte quarantotto.

   La paura della morte infatti si maschera in molti modi, ma più che la paura della morte mi terrorizzava la maniera del morire. Ma, in quella notte al Getsemani, mentre i miei intimi amici dormivano, riuscii a sconfiggere, in extremis, anche questa.  

   Se avessi ceduto, avrei ancora una volta badato solo a me stesso e fatta la mia volontà,  laddove invece nel fondo della mia anima era fortemente radicata, da sempre,  la convinzione che ero venuto al mondo unicamente per fare la volontà del Padre mio e vostro.

   Respinsi questa tentazione e, grazie al mio Spirito che è anche “spiritoso”,  finìi per rovinare la cena a tutti quanti (e, più di tutti, certamente a Giuda).

   Non è di buon gusto, lo so, nel bel mezzo di una cena tra amici mettersi a parlare di tradimento, di pane che viene offerto dicendo che è Carne e di vino che viene offerto dicendo che è Sangue (e mi commuove ancora ricordare che abbiate mangiato e bevuto senza fare una piega e senza porre obiezioni o cercare spiegazioni…)  e mettersi a lavare i piedi.

   Lo ammetto, ho esagerato, ma non l’ho fatto per eccentricità, ma per amore… e l’amore comporta l’imprevedibile.

 Anche perché non avevo alternativa per farvi accettare (che è altro da capire…) che “eucaristia” e “amore fraterno”  vanno a braccetto,  anche se soltanto il primo è diventato, per ora, sacramento. Non avevo alternativa e mi è andata bene.

   Mi dispiace solo di avervi rovinato la festa… (cosa che non era successa a Cana)  ma era soltanto per prepararvene una come Dio comanda…

(www.gigiavanti.com)

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XXV° del Centro di Consulenza Familiare di Viale Primavera, Roma

   Il 6 aprile 1997 sorgeva per volontà di padre Luciano Cupia (O.M.I.) Il Centro di Consulenza Familiare di Viale della Primavera, 43 presso i locali gentilmente concessi dai Religiosi Figli della Sacra Famiglia di San Giuseppe Manyanet.  

   Tutto è iniziato nascostamente e in silenzio, come si conviene ad un seme, un seme lentamente sbocciato e poi fiorito.

   Di tutto questo dobbiamo riconoscenza e grazie prima di tutto a Dio e subito dopo ai Religiosi dei Figli della Sacra Famiglia (segnatamente a padre Antonio Ortenzio, a padre Sergio Cimignoli, a padre Vincenzo Mattia e al compianto padre Everino Miri) che hanno creduto in questo progetto di servizio professionale nei riguardi di persone e famiglie in sofferenza relazionale. Tutto nel contesto dell’operosità per la causa del Regno di Dio.

   A Lui, nell’occasione del XXV° di fondazione, chiediamo benedizione e grazia per la continuazione di questo servizio.

                                                                                           L’Equipe del Centro di Consulenza Familiare  

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FA PENSARE…

                   IL PIANETA DALLE MANI CHIUSE

   C’era una volta un pianeta molto bello, con praterie sempre in fiore, boschi pieni di alberi e torrenti d’acqua limpida.

   Era un pianeta dove   anche gli animali vivevano in mansuetudine e dove ognuno avrebbe desiderato abitare.

   Questo pianeta non era abitato da molte persone, ma, non si sa come, tutte avevano una strana caratteristica: ognuna, uomo o donna, anziano o bambino, ragazzo o adulto aveva le mani chiuse, a pugno.

   Tra le perone di questo pianeta c’era anche una vecchietta solitaria e sognatrice che ricordava storie antiche e tempi migliori e che, osservando quanto succedeva oggi, scuoteva tristemente il capo.

   E non le si poteva dare torto. Con le mani chiuse a pugno, infatti, non si può salutare nessuno, non si possono stringere le mani…

    Per questo quindi non esisteva amicizia sul pianeta, nessuno riceveva doni o faceva regali, la gente era facile a litigare, a respingersi, ad allontanarsi.

    “Come è triste la vita su questo pianeta – diceva tra sè e sè la vecchietta – la gente non sorride mai, ha sempre il volto cupo”.

   Inoltre, tenendo le mani chiuse lungo il corpo , la gente le sentiva pesanti al punto da fare quasi male e, quando le usava, le adoperava come mazze per arraffare le cose e per allontanare gli altri…“Non cambierà mai nulla su questo pianeta” pensava la vecchietta.

   Un giorno, però, un bellissimo giorno, sul pianeta dalle mani chiuse arrivò un giovane. Era simile a tanti altri giovani, ma aveva una caratteristica, aveva le mani aperte. Sì,  a differenza degli altri, questo giovane aveva le mani aperte, tendeva le mani a tutti, sorrideva a tutti, voleva fare amicizia con tutti…

   Quello che aveva non lo teneva per sé, ma lo donava agli altri. E poteva farlo semplicemente perchè aveva le mani aperte. La vecchietta osservava meravigliata e pensava: “Come sarebbe bello se tutti avessero le mani aperte!”

   Il giovane cominciò a parlare alla gente, a suggerire loro di aprire le mani, a spiegare che era bello avere le mani aperte: ci si poteva salutare, scambiare doni, i bambini potevano giocare a palla, i ragazzi suonare la chitarra, gli innamorati accarezzarsi, i nonni prendere in braccio i nipotini…

   Furono proprio i ragazzi, i giovani che, di lì a qualche giorno, iniziarono a seguire l’esempio dell’uomo dalle mani aperte.

   Cominciarono anch’essi ad aprire le mani e sembrò loro di rinascere. Si accorsero anche che le mani non erano più pesanti e che non facevano più male.

   La vecchietta era felice, ma anche trepidante per lo strano comportamento dei grandi. “Chissà perchè gli adulti non si decidono ancora ad aprire le mani” pensava tra sè e sè.       Infatti gli adulti si mantenevano sospettosi a distanza e nessuno di loro aveva ancora aperto le mani.

   Anzi, un giorno, temendo che il giovane dalle mani aperte potesse sconvolgere l’ordine e la tranquillità del pianeta, tramarono per ucciderlo.

   La sera di un piovoso giorno d’autunno lo presero e gli dissero a brutto muso: “Tu dici di aprire le nostre mani come tu hai aperto le tue. Così facendo sappiamo come si incomincia , ma non sappiamo come va a finire. Quindi tieniti per te l’invito. Anzi, dal momento che per te è così importante avere le mani aperte faremo in modo che tu non le possa richiudere più”.

   E così dicendo cominciarono a spintonarlo, ad insultarlo, a picchiarlo e finirono poi per inchiodarlo a braccia allargate a mani aperte su un pezzo di legno.

   Dopo di che lo innalzarono per farlo vedere a tutti proprio sulla collinetta vicino al prato dove abitava la vecchietta… Infine alla folla attonita e sgomenta dissero: “Ecco, ora sarà soddisfatto. Avrà sempre le mani aperte”.

   E così dicendo se ne andarono via. La vecchietta piangeva sconsolata. Aveva cominciato a voler bene al giovane dalle mani aperte e diceva tra sè e sè: “Perchè lo hanno fatto? Non faceva niente di male!”

   Di lì a poco gli adulti del pianeta si riunirono in assemblea e proibirono ai giovani e ai ragazzi di avere le mani aperte e decretarono severe punizioni per i trasgressori.

   Tutto sembrava tornato come prima. La vecchietta piangeva e pensava: “Non cambierà mai nulla su questo pianeta!”.

   Una sera, il sole era appena tramontato, la vecchietta vide arrivare una ragazza sotto il legno dove era appeso il giovane dalle mani aperte.

   La vide guardarsi attorno sospettosa e poi timidamente rivolgere lo sguardo verso il giovane, aprire le sue mani, mostrargliele, sorridere, salutare e scappare via.

   Da quella sera altri giovani e ragazzi  fecero la stessa cosa. Ogni sera qualche giovane arrivava sotto il legno dove era appeso il giovane dalle mani aperte e se ne tornava via sorridendo con le mani aperte.

   La vecchietta aveva smesso di piangere, si sentiva serena ed un giorno fu vista partire per un altro pianeta…

   NON SI SA COME ANDO’ A FINIRE LA STORIA SU QUESTO PIANETA. SE L’EBBERO VINTA I GRANDI DAI PUGNI CHIU E DAL VOLTO CUPO O I RAGAZZI E I GIOVANI DALLE MANI APERTE E DAL VISO SORRIDENTE.

LA RISPOSTA STA NEL PROFONDO DEL CUORE DI OGNUNO DI NOI…. 

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XXV° del Centro di Consulenza Familiare di Viale della Primavera, 43, Roma

                                              LA CUSTODIA DELLA MEMORIA

Era il 6 aprile 1997. Sono trascorsi 25 anni da quel giorno, ma sembra ieri. Tutto è iniziato nascostamente e in silenzio, come si conviene ad un seme.

Un seme lentamente sbocciato e poi fiorito. Di tutto questo dobbiamo riconoscenza e grazie prima di tutto a Dio e subito dopo ai religiosi dei Figli della Sacra Famiglia (segnatamente a padre Antonio Ortenzio, a padre Sergio Cimignoli, a padre Vincenzo Mattia) che hanno creduto in questo progetto di servizio professionale nei riguardi di persone e famiglie in sofferenza relazionale. Tutto nel contesto dell’operosità per la causa del regno di Dio. A Lui continuiamo a chiedere benedizione e grazia per la continuazione di questo servizio.

                                                                                              L’Equipe del Centro di Consulenza Familiare  

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