Archivi del mese: aprile 2023

             CULTURA DELLA PAURA E CULTURA DELLA GIOIA

   Ognuno di noi ha bisogno di dare soddisfazione a determinati bisogni per poter crescere in autenticità e serenità.

   Tale soddisfazione di bisogni fondamentali avviene  grazia al via vai delle “carezze”.

   Nella letteratura delle scienze umanistiche la parola “carezza” sta a significare proprio tutto quanto sa di transazioni fatte di lode, di complimento, di felicitazione, di gratificazione, di conferma di se stessi.

   Dare soddisfazione a tali bisogni primari è fondamentale per il benessere esistenziale di ogni essere umano. Essi sono:

  • Il bisogno di stimoli
  • Il bisogno di contatto
  • Il bisogno di riconoscimento
  • Il bisogno di riconoscimento dell’identità sessuale
  • Il bisogno di indipendenza
  • Il bisogno di struttura del tempo

   In una parola, tutto ciò trova la sua sintesi nella necessità quotidiana di dare e ricevere amore. Necessità esistenziale che invece viene, più o meno coscientemente, ostacolata da quella che si potrebbe definire la “cultura della paura”.

La cultura della paura è infatti caratterizzata da queste ingiunzioni:

  • Non accettare carezze  (“Perché non si sai mai cosa c’è sotto.”)
  • Non dare carezze  (“Perché potresti essere frainteso.”)
  • Non chiedere carezze  (“Perché tu non hai bisogno di nessuno!”)
  • Non darti carezze  (“Perché ti crogioli nell’autocompiacimento.”)
  • Non rifiutare carezze tossiche (“In fondo me lo merito qualche schiaffo.”)

La cultura della gioia è caratterizzata invece dalla cancellazione di tutti i NON:

  • Accettare carezze (“Mi piacciono.”)
  • Dare carezze (“Fanno stare bene chi le riceve e chi le fa.”)
  • Chiedere carezze (“Non mi vergogno di dire i miei bisogni.”)
  • Darsi carezze (“Sono OK e non sono niente male.”)
  • Rifiutare carezze tossiche (“Mi fanno star male.”)

“La terra è un paradiso, l’inferno è non accorgersene”. (Jorge Luis Borges)

“Dio ci chiederà conto di tutti quei piaceri leciti di cui non abbiamo saputo godere”. (Talmud)

“Ho sofferto tante disgrazie nella vita, che non mi sono mai accadute”. (Twain)

“Sono talmente abituato ad essere teso che quando sono calmo mi sento nervoso”. (Anonimo nervoso)

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8 aprile 2023 · 13:37

Ci vediamo domenica mattina, presto

NEI PANNI DI GESU’ TRA VENERDI’ POMERIGGIO E DOMENICA NOTTE

   Non appena spirato, ad anima libera, ho rivisto in un attimo il film della mia vita mentre una sarabanda di emozioni e di pensieri (da uomo o da Dio, non li so distinguere)  mi  faceva come da colonna sonora.

   Gioia e contentezza perché tutto era finito bene, come voleva il Padre (del cui Spirito sono pieno anch’io) e perché non avevo deluso la Madre (alla quale ho sempre ubbidito) .

   Gioia piena sostenuta da un convincimento, quello che era andato tutto bene per aver saputo resistere alle tentazioni che mi potevano distogliere dalla mia missione.

  Quelle del deserto le conoscete e vi confido che sono l’anima di ogni tentazione e che mirano ad un unico obiettivo, quello di separarvi dal Padre Mio e vostro facendovi credere, di conseguenza, che la vita vada vissuta per se stessi e basta. Infatti, a  ben considerare, tutte e tre le tentazioni fanno leva proprio su questo asserto: vivere solo per se stessi.

   La prima, quella che mi sollecitava a trasformare le pietre in pane, era anche patetica perché, oltre tutto, non c’era neppure nessuno ad applaudire l’eventuale successo. Senza dire poi che già immaginavo confusamente che, di lì a non molto, avrei trasformato il pane nel Mio Corpo. E poi, la vanità non era mai stata e non sarebbe stata mai il mio forte. Cedere sarebbe stata la conferma che badavo solo a me stesso e tutto sarebbe finito lì.

   Nella seconda tentazione c’era molta gente che mi avrebbe potuto applaudire se non mi fossi spiaccicato a terra dopo il volo dalla sommità del tempio; ma io lo conosco bene il Padre e mai avrebbe fatto eccezioni alle leggi dell’universo da Lui stabilite. Cedere avrebbe comportato ancora una volta di  pensare soltanto a me.

   La terza aveva un lato debole, perché se anche avessi ceduto ed ottenuto  il potere promessomi da Satana, sapevo che esso avrebbe avuto una durata molto limitata,  e a Me, che vivevo e vivo nello spazio infinito dell’Eterno, questa prospettiva sinceramente non mi allettava per niente. Senza trascurare il fatto che il menzognero Satana non avrebbe certamente mantenuto la sua promessa.

   E fu così allora che, grazie allo Spirito che mi spinse di proposito in quel misterioso deserto,  imparai come si combatte, vincendo, contro le tentazioni.

   Tentazioni che, una volta deciso a andarmene da Nazareth per iniziare la mia missione, si presentavano sempre in forme diverse, ma, in sostanza, maledettamente uguali. Vi racconto la prima all’inizio della mia missione e l’ultima alla conclusione  di tutto.

   A  Cana fui nuovamente tentato dalla vanità. In quel pranzo di nozze dove nessuno sapeva chi fossi veramente, accadde che,  su provocazione della mia Mamma, fui indotto a trasformare l’acqua in vino. Questo successo mi avrebbe potuto far montare la testa e aprirmi  una carriera.

   Resistetti e respinsi  questa tentazione perché già immaginavo, seppur confusamente, che nella cena dell’ultimo giovedì della mia vita avrei trasformato quel vino in Sangue.  Resistetti quindi e tirai dritto per la mia strada.

    E la sera di giovedì, non più a pranzo ma a cena, si affacciò una strana tentazione, la tentazione della paura suprema che si presentava sotto la curiosa forma di non perdere la faccia, di non deturpare l’immagine che si aveva di me, di non deludere le aspettative, di buttare tutto a carte quarantotto. La paura della morte infatti si maschera in molti modi, ma più che la paura della morte mi terrorizzava la maniera del morire. Ma, in quella notte al Getsemani, mentre i miei intimi amici dormivano, riuscii a sconfiggere, in extremis, anche questa. 

   Se avessi ceduto, avrei ancora una volta badato solo a me stesso e fatta la mia volontà,  laddove invece nel fondo della mia anima era fortemente radicata, da sempre,  la convinzione che ero venuto al mondo unicamente per fare la volontà del Padre mio e vostro.

   Respinsi questa tentazione e, grazie al mio Spirito che è anche “spiritoso”,  finìi per rovinare la cena a tutti quanti (e, più di tutti, certamente a Giuda).

   Non è di buon gusto, lo so, nel bel mezzo di una cena tra amici mettersi a parlare di tradimento, di pane che viene offerto dicendo che è Carne e di vino che viene offerto dicendo che è Sangue (e mi commuove ancora ricordare che abbiate mangiato e bevuto senza fare una piega e senza porre obiezioni o cercare spiegazioni)  e mettersi a lavare i piedi.

   Lo ammetto, ho esagerato, ma non l’ho fatto per eccentricità, ma per amore e l’amore comporta l’imprevedibile.

   Anche perché non avevo alternativa per farvi accettare (che è altro da capire) che “eucaristia” e “amore fraterno”  vanno a braccetto,  anche se soltanto il primo è diventato, per ora, sacramento. Non avevo alternativa e mi è andata bene.

   Mi dispiace solo di avervi rovinato la festa (cosa che non era successa a Cana)  ma era soltanto per prepararvene una come Dio comanda.

   In conclusione, pensandoci bene,  mi rendo conto che tutto è andato bene (secondo le Scritture) perché ho saputo “respingere” (e non solo passivamente “resistere”) la tentazione principe di tutte, quella di vivere pensando solo a se  stessi che si porta appresso anche l’illusione di poter vivere come se non si dovesse mai morire.

   Ma io ero venuto proprio per questo, ero venuto proprio per morire per voi, per vivere per voi. Mi era chiaro che essere un Dio “con” voi non bastava. Dovevo e volevo essere un Dio “per” voi, come pattuito con il Padre.

   E’ questo ad aver comportato la croce. Ogni amore, oltre ad essere l’uno “con” l’altro, comporta anche un essere “per” l’altro. Il passaggio dal vivere “con” al vivere “per” costituisce l’anima di ogni sacrificio.

   Ed è quindi questo che vi vorrei ribadire durante l’ intervallo di tempo che mi separa dalla mia risurrezione: cercate di respingere con immediatezza la tentazione madre, quella di vivere soltanto per voi stessi, estromettendo Dio dalla vostra vita e, nascosta in questa, quella di vivere come se non doveste mai morire.

   Vivete rendendovi  conto di non essere padreterni e neppure eterni pensando che vi toccherà morire.

   Non abbiate paura né della morte, né del morire perché il bello deve ancora venire e il vostro futuro è al sicuro.

   Io ne sono la prova concreta e avevo dato già segnali lampanti del mio potere sulla morte quando “rianimai” il mio amico Lazzaro  ( e dico “rianimare” e non “risorgere”… perché la “risurrezione” comporta la sparizione del cadavere dalla tomba e il Padre Mio voleva riservare per primo a me questo trattamento speciale, da Dio, direi). 

   E se al sentire la parola “morte” , vi viene spontaneo  “toccare ferro”,  toccate quello dei chiodi della mia croce sulla quale mi avete inchiodato. Quei chiodi portano bene .

www.gigiavanti.com    giovannigigiavanti@gmail.com – Canale You Tube

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OGGI TROVO QUESTO

“La psicoterapia consiste semplicemente nella liberazione di capacità già esistenti nello stato latente”. (Carl Rogers)

“Non esistono parole più chiare del linguaggio del corpo, una volta che si è imparato a leggerlo”.

(A. Lowen)

“E’ bene dare se l’altro chiede, ma è meglio capire quando non ti chiede nulla”.

(Gibran)

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