Archivi del mese: settembre 2011

UN ANEDDOTO DI MADRE TERESA…

Alcune persone vennero a trovarmi a Calcutta e, prima di partire, mi pregarono:
– Ci dica qualcosa che ci aiuti a vivere meglio – .
Ed io dissi loro:
– Sorridete gli uni agli altri; sorridete a vostra moglie, a vostro marito, ai vostri figli, sorridetevi a vicenda; poco importa chi sia quello a cui sorridete; questo vi aiuterà a vivere meglio e a crescere nell’amore reciproco – .
Allora uno di quelli mi domandò: – Scusi, lei è sposata? -.
– Sì, risposi, e qualche volta trovo difficile sorridere a Lui – .
Ed è vero. Anche Gesù può essere molto esigente ed è proprio quando Egli è così esigente che è molto bello rispondergli con un grande sorriso.

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IL CALABRONE VOLA…. (in barba ai pensieri)

Secondo alcuni autorevoli testi di tecnica aeronautica,
il calabrone non può volare
a causa della forma e del peso del proprio corpo
in rapporto alla superficie alare…
Ma il calabrone non lo sa e perciò continua a volar a causa della forma e del peso del proprio corpo in rapporto alla superficie alare… Ma il calabrone non lo sa e perciò continua a volare…
(Igor Sikorsky)

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Non Giudicare

NON GIUDICARE.
DOVE TU VIVI E’ SOLTANTO UN PICCOLO ANGOLO DI TERRA.
PER QUANTO GIUNGANO LONTANO I TUOI OCCHI,
ESSI RACCHIUDONO POCO.
AL POCO CHE ODI AGGIUNGI LA TUA VOCE.
CON CURA TU CONSERVI DA PARTE
BENE E MALE, NERO E BIANCO.
INVANO TU TRACCI UNA LINEA PER SEGNARE UN LIMITE…
CHE IMPORTA CHE ALCUNI UOMINI SIANO BUONI E ALTRI NON LO SIANO?
SONO TUTTI VIAGGIATORI SULLA MEDESIMA STRADA…
NON GIUDICARE.
AHIME’ …IL TEMPO VOLA…
E OGNI DISCUSSIONE E’ VANA…

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ABIGAIL E GREGOR (usare il sesso in funzione di potere distrugge l’amore)

C’era una volta una ragazza di nome Abigail che viveva presso il fiume Alligatore, dimora di numerosi coccodrilli. Gregor, il suo ragazzo, viveva al di là del fiume. Entrambi si amavano profondamente e si struggevano dal desiderio di rivedersi. Sfortunatamente, infatti, un temporale aveva distrutto il ponticello del fiume e per i due era diventato difficile incontrarsi. Abigail si sentiva morire di nostalgia, pertanto andò a trovare Sindbad il pescatore, che possedeva l’unica barca della regione. Abigail gli illustrò la situazione e lo pregò di condurla al di là del fiume. Sindbad si dichiarò disposto ad aiutarla, a patto però che lei, Abigail, andasse prima a letto con lui. La ragazza rimase scandalizzata da una simile proposta, per il semplice fatto che non era innamorata di Sindbad e dunque non voleva andare a letto con lui. Rifiutò allora le pretese di Sindbad e andò via, in cerca di qualcun altro che potesse aiutarla. La ragazza chiese aiuto a molte persone, ma nessuno fu un grado di risolvere il suo problema. Delusa, Abigail tornò a casa da sua madre e le raccontò dei suoi inutili sforzi e della proposta di Sindbad, pregandola di consigliarla. La madre rispose: “Vedi, Abigail, ormai sei cresciuta. Devi sapere da sola cosa vuoi fare e da sola prendere le tue decisioni.” Dopo aver parlato, la madre si alzò per dedicarsi alle proprie faccende. Abigail riflettè a lungo e alla fine decise di accettare la proposta di Sindbad pur di rivedere Gregor, e passò la notte con il pescatore. Questi mantenne la promessa, e il mattino seguente condusse la ragazza all’altra riva del fiume. Dopo aver trascorso delle ore felici con Gregor, Abigail sentì il bisogno di raccontargli cosa era accaduto. Ascoltata la storia, Gregor andò su tutte le furie: “Cosa?! Non posso credere che tu abbia fatto questo! Sei andata a letto con Sindbad! E’ finita tra noi! Dimentichiamoci l’uno dell’altra! Non voglio avere più niente a che fare con te!” Disperata, Abigail se ne andò. Mentre piangeva, si imbattè in un giovane di nome Slug; col capo sulla sua spalla, Abigail gli confidò il proprio dolore. Slug ascoltò pieno di indignazione e si recò quindi da Gregor per picchiarlo. Abigail lo seguì, restò a guardare da lontano e cominciò a ridere.

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BARZELLETTA CONIUGALE

Due coniugi decidono di trascorrere la festa del loro venticinquesimo di nozze nel medesimo hotel delle isole caraibiche dove avevano fatto la prima luna di miele…
La moglie, però, non poteva partire insieme al marito…lo avrebbe raggiunto pochi giorni dopo.
Il marito, giunto nell’hotel e vedendo che la camera era dotata anche di un computer, pensò bene di scrivere due parole alla moglie per rassicurarla del suo arrivo. …ma nell’inviare la E. mail sbagliò una lettera dell’indirizzo e la e. mail finì nel computer di una vedova che era appena rientrata dal funerale del marito e si era messa a leggere le e. mail di condoglianze.
Il figlio della vedova. rientrando a casa, trova la mamma a terra svenuta davanti alla scrivania…e si rendo conto del perché…Ecco la mail che la mamma stava leggendo:
Cara sposa, sono arrivato bene. Forse ti meraviglierai di ricevere mie notizie per via elettronica, ma adesso, anche qui, hanno il computer.
Appena arrivato mi sono premurato di controllare che fosse tutto pronto per te…che arriverai venerdì prossimo.
Non vedo l’ora di riabbracciarti e spero che il tuo viaggio sia tranquillo come è stato il mio.

P.S. Vedi di non portare molti vestiti. Qui fa un caldo infernale

Tuo amato sposo

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C’ERA UNA VOLTA … (come correggere un pessimo carattere)

C’era una volta un ragazzo con un pessimo carattere. Suo padre un giorno gli da un sacchetto di chiodi e gli dice di piantarne uno nella palizzata del giardino ogni volta che perde la pazienza e/o bisticcia con qualcuno.
Il primo giorno ne pianta 37. Le settimane seguenti, impara a controllarsi e il numero dei chiodi piantati diminuisce di giorno in giorno.
Finalmente arriva il giorno in cui il ragazzo non pianta nessun chiodo nella palizzata. Allora va dal padre e gli comunica la bella notizia.
Suo padre allora gli da il nuovo compito di levare un chiodo dalla palizzata per ogni giorno che riesce a non perdere la pazienza…
I giorni passano e finalmente il ragazzo può dire al padre che ha levato tutti i chiodi dalla palizzata.
Il padre conduce allora il figlio davanti alla palizzata e gli dice: “Figliolo, ti sei comportato bene, ma guarda quanti buchi hai lasciato nella palizzata. Non sarà mai più come prima” Quando litighi con qualcuno e gli dici delle cose cattive, gli lasci delle ferite come queste. Puoi infilzare un uomo con un coltello, e poi toglierlo, ma lascerai sempre la ferita. Una ferita verbale fa altrettanto male di una ferita fisica.

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UN GIORNO LA FAMIGLIA SCENDEVA …

Da Gerusalemme, la città posta sul monte, la sposa del gran re – la famiglia – scendeva verso Gerico, nella pianura del gran lago salato, sotto il livello del mare. Scendeva per le vie tortuose e impervie della Storia, quando, ad una svolta della strada, incontrò i Tempi Moderni. Non erano di natura loro briganti, non peggio comunque di tanti altri tempi, ma si accanirono subito contro la famiglia, non trovando di loro gradimento la sua pace, che rispecchiava ancora la luce della città di Dio. Le rubarono prima di tutto la fede, che bene o male aveva conservato fino a quel momento come un fuoco acceso sotto la cenere dei secoli. Poi la spogliarono dell’unità e della fedeltà, della gioia dei figli e di ogni fecondità generosa. Le tolsero infine la serenità del colloquio domestico, la solidarietà con il vicinato e l’ospitalità sacra per i viandanti e i dispersi. La lasciarono così semiviva sull’orlo della strada e se ne andarono a banchettare con il Materialismo, l’Edonismo, l’Individualismo, il Consumismo, ridendo tutti assieme della sorte sventurata della famiglia.
Il buon samaritano
Passò per quella strada un sociologo, vide la famiglia sull’orlo della strada, la studiò a lungo e disse: “Ormai è morta”.
Le venne accanto uno psicologo e sentenziò: “L’istituzione familiare era oppressiva. Meglio che sia finita!”. La trovò infine un prete e si mise a sgridarla: “Perché non hai resistito ai ladroni? Dovevi combattere di più. Eri forse d’accordo con chi ti calpestava?”.
Passò, poco dopo, il Signore, ne ebbe compassione e si chinò su di lei a curarne le ferite, versandovi sopra l’olio della sua tenerezza e il vino del suo sdegno. Poi, caricatala sulle sue spalle, la portò alla Chiesa e gliela affidò dicendo: “Ho già pagato per lei tutti quello che c’era da pagare. L’ho comprata con il mio sangue e voglio farne la mia prima piccola sposa. Non lasciarla più sola sulla strada, in balia dei Tempi. Ristorala con la mia Parola e il mio Pane. Al mio ritorno ti chiederò conto di lei”.
Una lampada alla finestra
Quando si riebbe, la famiglia ricordò il volto del Signore chino su di essa. Assaporò la gioia di quell’amore e si chiese: “Come ricambierò per la salvezza che mi è stata donata?”.
Guarita dalle sue divisioni, dalla sua solitudine egoista, si propose di tornare per le strade del mondo a guarire le ferite del mondo. Si sarebbe essa pure fermata accanto a tutti i malcapitati della vita per assisterli e dire loro che c’è sempre un Amore vicino a chi soffre, a chi è solo, a chi è disprezzato, a chi si disprezza da se stesso avendo dilapidato tutta la propria umana dignità.
Alla finestra della sua casa avrebbe messo una lampada e l’avrebbe tenuta sempre accesa, come segno per gli sbandati della notte. La sua porta sarebbe rimasta sempre aperta, per gli amici e per gli sconosciuti: perché chiunque – affamato, assetato, stanco, disperso – potesse entrare e riposare, sedendo alla piccola mensa della fraternità universale.

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LA VIA DEL CAMBIO (quando si insiste nel voler cambiare gli altri)

Per anni sono stato un nevrotico. Ero ansioso, depresso ed egoista.
E tutti continuavano a dirmi di cambiare. E tutti continuavano a dirmi
quanto fossi nevrotico.
E io mi risentivo con loro, ed ero d’accordo con loro, e volevo cambiare,
ma non ci riuscivo, per quanto mi sforzassi.
Ciò che mi faceva più male era che anche il mio migliore amico
continuava a dirmi quanto fossi nevrotico.
Anche lui continuava a insistere che cambiassi.
Ed io ero d’accordo anche con lui, e non riuscivo ad avercela con lui.
E mi sentivo così impotente e intrappolato.
Poi, un giorno, mi disse: “Non cambiare. Rimani come sei. Non importa
se cambi o no. Io ti amo così come sei; non posso fare a meno di amarti”.
Quelle parole suonarono come una musica per le mie orecchie:
“Non cambiare, non cambiare, non cambiare…Ti amo”.
E, oh meraviglia delle meraviglie, cambiai

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STORIELLA DELLA COPPIA PERFETTA… senza difetti!!!

C’erano una volta un uomo perfetto e una donna perfetta. Si incontrarono e, siccome la loro relazione era perfetta, si sposarono. Il matrimonio fu semplicemente perfetto.
E anche la loro vita insieme era ovviamente perfetta. In una notte di Natale buia e tempestosa, l’uomo perfetto e la donna perfetta stavano viaggiando in macchina su una strada molto tortuosa, quando all’improvviso notarono al lato della strada un uomo che aveva evidentemente problemi con il suo mezzo di trasporto.
Siccome erano una coppia perfetta, si fermarono per aiutarlo. L’uomo era Babbo Natale e aveva un enorme sacco pieno di regali. Siccome non volevano deludere tutti i bambini del mondo la sera di Natale, l’uomo perfetto e la donna perfetta si offrirono di accompagnare Babbo Natale con la loro auto e presto si trovarono a distribuire i regali.
Purtroppo le condizioni della strada e del tempo continuarono a peggiorare, finchè l’uomo perfetto, la donna perfetta e Babbo Natale ebbero un incidente. Solo uno di loro riuscì a sopravvivere. Quale dei tre?
LA RISPOSTA E’ LA SEGUENTE: la donna perfetta è l’unica che si salva: era l’unico personaggio “reale”, perché Babbo Natale non esiste e neanche un uomo perfetto esiste.

PER LE DONNE LA STORIA FINISCE QUI: NON LEGGANO OLTRE.

GLI UOMINI POSSONO LEGGERE OLTRE.:

Se Babbo Natale e l’uomo perfetto non esistono, vuol dire che al volante c’era la donna perfetta.
Questo spiega perché c’è stato l’incidente…TRA L’ALTRO, SE SEI UNA DONNA E STAI LEGGENDO, ABBIAMO PROVA ANCHE DI QUALCOS’ALTRO: che le donne non fanno mai quello che gli si dice.

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FRAMMENTI DI ORDINARIA SOFFERENZA (ovvero meno ordini e più carezze…)

Due semplici domande rivolte ai giovani di una scuola superiore hanno fornito due serie di sorprendenti risposte.
La prima domanda era: “Quello che ci siamo sentiti dire da bambini” . Ed ecco le risposte: stai fermo, muoviti, fai piano, sbrigati, non toccare stai attento, hai fatto la cacca, mangia tutto, lavati i denti, non ti sporcare, ti sei sporcato, stai zitto, parla ti ho detto, chiedi scusa, saluta, vieni qui, non starmi sempre intorno, vai a giocare, non disturbare, non correre, non sudare, attento che cadi, te l’avevo detto che cadevi , peggio per te, non stai mai attento, non sei capace, non lo puoi fare, sei troppo piccolo, lo faccio io, ormai sei grande, vai a letto, alzati, farai tardi, ho da fare, gioca per conto tuo, prima devi finire, copriti, non stare al sole , stai al sole, non si parla con la bocca piena.
La seconda domanda era: “Quello che avremmo voluto sentirci dire da bambini.” Queste le risposte: ti amo, sei bello, sono felice di averti, parliamo un po’ di te, troviamo un po’ di tempo per noi, come ti senti, sei triste, hai paura, perché non ne hai voglia, sei dolce, sei morbido e soffice, sei tenero, raccontami, che cosa hai provato, sei felice, mi piace quando ridi, puoi piangere se vuoi, sei scontento, cosa ti fa soffrire, cosa ti ha fatto arrabbiare, puoi dire tutto quello che vuoi, ho fiducia in te, mi piaci, io ti piaccio, quando non ti piaccio, ti ascolto, sei innamorato, cosa ne pensi, mi piace stare con te, ho voglia di parlarti, ho voglia di ascoltarti, quando ti senti più infelice, mi piaci come sei, è bello stere insieme, dimmi se ho sbagliato.
Ho l’impressione che molti adulti siano quotidianamente in attesa di espressioni come queste. Ognuna è una invocazione di ascolto, di rispetto, di attenzione, d’amore. Ma perché questa nostra civiltà, così tecnicizzata e progredita, dimentica questa fondamentale esigenza dell’essere umano

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