Archivi del mese: giugno 2020

OGGI PIU’ CHE MAI

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Nostalgia? No, ma cosa dici…?

Incontro con Ignazio Silone in occasione della Abilitazione all

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Con Don Carlo Rocchetta… che tenerezza!

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29 giugno 2020 · 10:21

La paura di morire fa morire di paura

          CONCENTRAZIONE E COMPASSIONE

 

   Un giovane che aveva gravi problemi si presentò un giorno in un monastero e chiese di parlare con l’abate. “La vita è per me un peso insopportabile”, gli dichiarò. “Quando mi alzo la mattina, mi chiedo perché lo faccio; ogni giorno è una sofferenza; non so più a chi rivolgermi. Ho sentito dire che il Buddismo promette la liberazione dal dolore, già qui in questa vita. Ma io non sono capace di lunghi sforzi: non potrei passare anni a meditare o a fare sacrifici. Avrei bisogno di un metodo semplice e immediato, di una via breve. Mi sapete dire se esiste?”

   L’abate gli domandò: “Che cosa sai fare?”. “Non so fare niente e non sono nemmeno capace di studiare.” “Ma c’è qualcosa che ti piace fare?”. “Soltanto una cosa: giocare a scacchi”.

   L’abate ordinò che gli venissero portate una scacchiera e una spada. Poi mandò a chiamare un monaco. “Tu mi hai giurato obbedienza” gli disse. “Ora devi mantenere il tuo voto. Giocherai una partita a scacchi con questo giovane. Ma bada bene: se perderai, ti taglierò la testa con questa spada. Se invece sarà lui a perdere, taglierò la sua testa. Vi prometto, comunque, che chi morirà raggiungerà in quel momento l’illuminazione”.

   I due giovani fissarono pallidi l’abate e capirono che non stava scherzando. Ma non se la sentirono di tirarsi indietro. Erano infatti lì per quel motivo: per raggiungere l’illuminazione e, con essa, la liberazione da ogni sofferenza. E sapevano di dover rischiare ogni cosa, anche la vita. Così acconsentirono e incominciarono a giocare.

   Entrambi si concentrarono come non avevano mai fatto: le loro gocce di sudore cadevano sulla scacchiera, che ormai rappresentava tutta la loro vita, tutto il loro mondo. Vincere o morire: non c’era una terza possibilità.

   L’abate li osservava impassibile con la spada in mano. Il giovane si trovò dapprima in svantaggio, ma poi il monaco fece una mossa sbagliata, che in breve lo mise in difficoltà. “La vittoria non può più sfuggirmi” pensò il giovane. E si mise a guardare l’avversario. Vide che aveva solo qualche anno più di lui, notò l’espressione seria e capì che doveva aver trascorso anni in quel monastero, sottoponendosi a prove e sacrifici. Certo, anche l’altro sentiva la sofferenza della vita e voleva liberarsene; e si era, per questo, impegnato con tutte le sue forze. Che differenza c’era fra loro? Nessuna; solo che lui, il monaco, si era impegnato di più. Ma ora stava perdendo a quel gioco, e sarebbe morto.

   Il giovane provò, a questo punto, una grande compassione per il suo avversario e non desiderò più vincere. Compì una serie di errori deliberatamente, finché fu vicino alla sconfitta definitiva, allo scacco matto.

   A quel punto l’abate si alzò, sollevò in alto la spada e l’abbatté…non sul colle del giovane, ma sulla scacchiera, che andò in frantumi.

   “Non c’è né vincitore né vinto” dichiarò. “E quindi non taglierò la testa di nessuno”. Poi aggiunse rivolto al giovane: “Due sole cose sono necessarie: la concentrazione e la compassione. Tu oggi le hai sperimentate entrambe. Eri completamente concentrato nel gioco e, in quella concentrazione, hai potuto sentire compassione per il tuo avversario. Questa è la via che cerchi”.

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   Questa storiella illustra in modo inequivocabile il comportamento funzionale di un ascoltare adulto. Singolare, al riguardo, il comportamento  dell’abate, che oltre a non lasciarsi irritare dalla domanda iniziale del giovane…e dalle sue prime risposte quasi provocatorie, vuole accedere all’intimo della persona utilizzando la tecnica del “domandare” proprio in risposta ad una “domanda”.

   Questa tecnica fa parte della cultura ebraica e permette di andare all’anima del domandare, non lasciandosi ingannare dalla primitiva richiesta esteriore.

   Narra un aneddoto che una volta fu chiesto ad un ebreo come mai fosse consuetudine, presso gli ebrei, di rispondere ad una domanda ponendo un’altra domanda; e l’ebreo rispose “E perché no?”.

   La metafora sotterranea della possibilità di vivere in compresenza dell’angoscia di morte (spada di Damocle) non necessita di approfondimenti.

   Da sottolineare invece il passaggio dinamico, da parte del giovane problematico, dal livello del pensare (concentrazione) a quello del sentire (compassione)… che avviene quando, anziché pensare alle mosse da fare sulla scacchiera, si mette ad osservare il monaco giocatore. In questo momento nasce l’empatia.

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Utile (a livello di dialogo intrapsichico) quando si è alle prese con il soprassalto delle paure o della paura di non farcela…

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Una pillola al giorno….

Talvolta nelle omelie domenicali si sentono citate espressioni sulle quali riflettere… Questa è di Pico della Mirandola: “LA FILOSOFIA CERCA LA VERITÀ’. LA TEOLOGIA TROVA LA VERITÀ’, LA FEDE POSSIEDE LA VERITÀ’..

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Il bicchiere c’è comunque … mezzo vuoto o mezzo pieno!

 

 

 

 

ANTIDOTO IMMUNOTERAPICO CONTRO IL VIRUS DELLA FRETTA GIUDICANTE

 C’era una volta un contadino cinese, era molto povero, per vivere lavorava duramente la terra con l’aiuto di suo figlio, ma possedeva il grande dono della saggezza.

Un giorno il figlio gli disse: “Padre, che disgrazia, il nostro cavallo è scappato dalla stalla”.

“Perché la chiami disgrazia?” rispose il padre… “Aspettiamo e vediamo cosa succederà nel tempo”!

Qualche giorno dopo il cavallo ritornò portando con sé una mandria di cavalli selvatici.

“Padre, che fortuna”! Esclamò questa volta il ragazzo.

“Perché la chiami fortuna!” rispose il padre… “Aspettiamo e vediamo cosa succederà nel tempo”!

Qualche giorno dopo il giovane, nel tentativo di addomesticare uno dei cavalli, venne disarcionato e cadde al suolo fratturandosi una gamba.

“Padre, che disgrazia, mi soni fratturato una gamba”.

Ma anche questa volta il padre sentenziò: “Perché la chiami disgrazia? Aspettiamo e vediamo cosa succederà nel tempo”.

Ma il ragazzo, per nulla convinto delle sagge parole del padre, continuava a lamentarsi nel suo letto.

Qualche tempo dopo, passarono nel villaggio gli inviati del re con il compito di reclutare i giovani da inviare in guerra. Anche la casa del giovane contadino venne visitata dai soldati del re, ma quando trovarono il giovane a letto, con la gamba immobilizzata, lo lasciarono stare per proseguire il loro cammino.

Qualche tempo dopo scoppiò la guerra e molti giovano morirono sul campo di battaglia, ma il giovane si salvò a causa della sua gamba immobilizzata.

Fu così che il giovane capì che non bisogna mai dare per scontate né la disgrazia né la fortuna, ma che bisogna dare tempo al tempo per vedere cosa è bene e cosa è male.

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QUALCUNO HA SEMPRE DA RIDIRE PER QUALCOSA

                  ANTIDOTO contro L’ INCLINAZIONE AL GIUDIZIO

 

Il rosso disse al blù: “Amico mio, come è possibile che tu non preghi gioiosamente come mè?”.

Il blù disse in risposta: “O rosso, sapresti dirmi perché non preghi mai così appassionatamente come me?”.

Al verde disse il giallo: “Perché mai, amico mio, quando preghi non ti inginocchi e non ti inchini mai?”. 

Il verde disse al giallo: “E questo lo chiami pregare? Non è proprio il modo appropriato!”.

Poi vennero l’arancio e l’indaco con diversi modi vecchi e nuovi di pregare… sui quali avevano tutti qualcosa da ridire!

Il povero violetto impallidì per lo spavento suscitato da questo cicaleccio reciprocamente accusatorio.

Per tutti, infatti, era un mistero in  quale maniera egli pregasse.

“O colori – intervenne allora DIO – ciascuno di voi è mio, perché senza la mia luce nessuno di voi potrebbe brillare così.

Pregate, dunque, come vi suggerisce il colore che siete, e non cessate mai di splendere.

Ho bisogno, tanto bisogno delle vostre differenze per costruire il mio arcobaleno”.

                                     (Dalla rivista SE VUOI delle Apostoline di Castelgandolfo.)

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A VOLTE SI HA PAURA DI CIO’ CHE SI DESIDERA… e viceversa.

                                        IL MAGO DELLE PAURE

   C’era una volta, una volta sola, in uno dei paesi del nostro mondo, un uomo che tutti chiamavano il Mago delle Paure.

   Bisogna sapere, prima di proseguire, che tutte le donne, tutti gli uomini e tutti i bambini di questo paese erano tormentati da innumerevoli paure.

   Paure molto antiche, uscite dal fondo dell’umanità, quando gli uomini non conoscevano ancora il sorriso, l’abbandono, la fiducia e l’amore.          Paure più recenti, uscite dall’infanzia di ciascuno, quando l’incomprensibile della realtà va a urtare contro l’innocenza di uno sguardo, lo stupore di una parola, la meraviglia di un gesto o l’esaurirsi di un sorriso.

   Comunque di certo, ognuno, non appena sentiva parlare del Mago delle Paure, non esitava ad intraprendere un lungo viaggio per incontrarlo, sperando così di far sparire e sopprimere le paure che portava nel suo corpo e nella sua testa.

   Nessuno sapeva come si svolgesse l’incontro. In  quelli che tornavano dal viaggio, c’era molto pudore nel condividere quello che avevano vissuto.

   Un giorno un bambino rivelò il segreto del Mago delle Paure. Quello che disse parve così semplice, così incredibilmente semplice, che nessuno gli credette.

   “E’ venuto verso di me”, raccontò, “ha preso le mie mani nelle sue e mi ha sussurrato: “Dietro ogni paura c’è un desiderio”. C’è sempre  un desiderio sotto ogni paura, per quanto piccola o terrificante essa sia!

C’è sempre un desiderio, sappilo”.

   Aveva  la bocca vicinissima al mio orecchio e sapeva di pan pepato”. Confermò il bambino, il che fece sorridere quelli che ascoltavano.

   “Mi ha anche detto: “Passiamo la vita a nascondere i nostri desideri ed è per questo che ci sono tante paure nel mondo.

   Il mio lavoro, e il mio solo segreto, è di permettere a ciascuno di osar ritrovare, do osar ascoltare e di osar rispettare il desiderio che c’è sotto ognuna delle sue paure”.  

“Allora ognuno tra noi può diventare un Mago delle Paure”. Certo, è possibile, se ognuno si impegna a scoprire il desiderio che ha in sé, coperto da ciascuna della sue paure! Sì, ognuno di noi può scoprire, dire o proporre i propri desideri, alla sola condizione, però, di accettare che non siano sempre esauditi… Ciascuno deve imparare la differenza tra un desiderio e la sua realizzazione. (Da PARLARE, CAPIRE, COMUNICARE di Jacques Salomè – LDC) 

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CI RISIAMO…..

SEMPRE IN MERITO A OMOFOBIA, OMOPERPLESSITA’…

La mia “perplessità” relativamente al merito della questione della  “legge contro la omofobia” sta nel fatto del ricorso allo strumento legislativo come strumento privilegiato da adottare per formare “coscienze e sensibilità civili”.

E’ un principio filosofico ed etico universalmente riconosciuto che sia la coscienza a formare la legge e non viceversa.

Inoltre avrei da eccepire qualcosa anche circa il fatto di concepire una legge con la dinamica del “contro”. Se, come pare assodato dal punto di vista filosofico che la legge deve essere veicolo di valori, mi chiedo se sia concettualmente da considerarsi “valore” la dinamica del “contro” quanto si pensa possa essere considerato negativo, brutto, male, da combattere…

Ricordo, per inciso, che voler arrestare il male andandogli contro crea un corto circuito filosofico ed etico discutibile e rischioso.

Scriveva San Giovanni Paolo II: “Lasciate che l’errore si distrugga da solo”. Tutto qua. Mi preoccuperebbe e dispiacerebbe, sul piano culturale, che questo “strumento” legale previsto per sanzionare comportamenti discriminatori e persecutori finisca poi per sanzionare anche opinioni ed emozioni personali entrando a gamba tesa nel sacrario delle coscienze.

Anche perchè la legge che sanziona  “comportamenti discriminatori e/o persecutori” del simile da parte del proprio simile, quale che sia l’opinione o il sentire che li anima, già esiste (e la saggia CEI lo ribadisce).

Mi piace allegare questo scritto di mia figlia Chiara all’ età di 13 anni.

IPOTESI VINCENTE

“Tanto si sa, nella lotta tra il bene e il male vince sempre il bene. Io mi schiero dalla parte del bene, ma non combatto con  le armi, bensì con l’astuzia delle parole. Non faccio come nei cartoni animati dove il bene, combattendo contro il male, uccide e distrugge anche lui e si chiama bene soltanto perché vi fanno parte i protagonisti della storia che devono salvare il mondo ad ogni costo e devono essere a tutti i costi bravi.No, io non faccio così. Al male basta fargli un sorriso e si scioglie, perché non sopporta la felicità. Quindi per vincere la battaglia basterebbe organizzare una festa, piena di canti e di balli e piena di bambini e il male, soltanto a vederla, cadrebbe a terra vinto”.

(CHIARA AVANTI, da un tema in classe a 13 anni)

(Chiara apre serenamente gli occhi al Cielo l’8 settembre 2017 a soli 41 anni lasciando cinque figli e un enorme vuoto)

 

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RICORDANDO

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