“Il silenzio era diventato la sua lingua madre”. Ho riletto questa frase in treno di ritorno da uno dei miei soliti giri per incontrare i giovani. Ho riletto questa frase ed immediatamente mi sono sentito a disagio per le migliaia di parole dette, urlate, sussurrate, scritte, inviate, spedite…Mi sono sentito a disagio perchè ho intuito immediatamente l’inadeguatezza delle parole a comunicare o anche semplicemente a condividere o testimoniare il grande mistero del vivere…
E dentro a questo senso di indìadeguatrezza, che rivivo anche ora mentre sto scrivendo, ho avvertito un forte e affascinante richiamo di silenzio, di quiete quali forse soltanto le oasi di preghiera dei conventi e dei monasteri o di quanto ad essi assimilabile possono soddisfare…
Questo forte richiamo di silenzio e di quiete dell’anima può essere dovuto alla mia età, al livello di guardia a cui è arrivata in me la piena dei rumori e dei frastuoni del vivere odierno, alla oggettiva e martellante invadenza di spettacoli, convegni, dibattiti, pubblicità. Può sembrare, quindi, questo richiamo di silenzio, la tentazione di fuggire dal mondo, di sottrarmi alle mie rrsponsabilità di sposo, di padre di famiglia, di amico… una tentazione, pertanto, da rintuzzare e da vincere…
Ma questa tentazione potrebbe anche nascondere un invito, un suggerimento.. quello di continuare a vivere facendo io sempre meno chiasso, essendo sempre più seminatore silenzioso di mistero più che non presuntuoso strumento di spiegazione, essendo cioè più voce che parola…
Tale infatti sembra essere anche la lingua madre della natura e di Dio stesso, la lingua madre della voce del silenzio, degli immensi silenzi cosmici da ascoltare, da interpretare, da godere, di cui nutrirsi…
Il silenzio della natura: la quiete intensa delle rocce, il respiro silenzioso degli alberi, il vagare muto degli astri, il formarsi lento della vita nel grembo delle madri…
Il silenzio di Dio: un’eternità di silenzio reso un po’ più comprensibile grazie alla variante della “parola rivelata” e confinata nelle cinquecento paginette della Bibbia e grazie anche al brevissimo tempo dell’Incarnazione durante il quale il Figlio del Silenzio ha raccontato, nella sua Carne, del Padre, di Sè e dell Spirito per poi subitamente ricomporsi nel silenzio del Pane e del Vino “eucaristici”… un silenzio così pregnante, così ammiccante, così tollerante, così benefico, così nutriente da bastare all’uomo fino a che Egli ritornerà… Da bastare all’uomo capace e desideroso di apprendere la medesima lingua, una lingua senza lettere nè grammatica, senza verbi irregolari nè perifrastiche, senza periodi ipotetici nè sintassi… una lingua fatta appunto di silenzio e comunicabile attraverso il sorriso…