LA CHIAVE DELLA FELICITA’ (tema di una ragazza di 16 anni – Roma

Questo il titolo del tema: “Abbiamo sprangato la porta del mondo, lasciando sul marciapiede milioni di uomini… Chi ha buttao la chiave?”

———————————- (Svolgimento)———————————————–

Sono partita, un giorno, per un lungo viaggio. Arrivata in un piccolo paese cominciai a percorrere il labirinto delle sue strade e stradine alla ricerca del mio mondo, della casa della felicità. Chiesi ad un passante dove fosse l’entrata e questi, sgarbatamente e con indifferenza, mi indicò un  grande portone di legno e ferro completamente chiuso. Alla sua vista il mio cuore ebbe un sussulto, ma la volontà di poter entrare in quel mondo era determinata.

   Quel passante, accortosi in qualche modo della mia sorpresa, subito mi precisò con fare rassegnato, che nessuno era mai riuscito ad oltrepassare quell’ostacolo insormontabile. Cionostante non mi arresi. Ero decisa a intraprendere qualunque iniziativa pur di entrare nello spazio della mia felicità. Comincia a girovagare nei presssi di quel portone, ma scoprii che tutta la gente del luogo mi osservava con diffidenza…

   All’improvviso scorsi un bambino oscillare sull’altalena… era contento, sebbene i suoi occhi sembrassero coperti da un velo di tristezza. Vedendolo solo gli domandai dove fossero gli altri bambini. Mi rispose che non ce n’erano e che forse alcuni erano dietro quel portone. Lo invitai, allora, lui che era del posto, ad andare a verificare se questa sua ipotesi era esatta, ma lui si rifiutò asserendo un po’ turbato che nessuno avrebbe mai potuto aprire quel portone perchè era stata buttata via la chiave… Quasi del tutto scoraggiata mi allontanai avviandomi sulla strada del ritorno.

   Dopo qualche passo incontrai un vecchio barbone sdraiato su una panchina. Accanto, un fiasco di vino e i resti di un fuoco con cui si era riscaldato. Mentre gli passai vicino si svegliò, mi guardò fisso nelle pupille e mi chiese un po’ di carità, solamente per mangiare.

   Non avevo quasi nulla con me, solo pochi spiccioli, ormai quasi superflui per via della incertezza del viaggio. Glieli donai sicura che a lui fossero più necessari che a me.

   Il vecchio li accettò sorridendo e, con un gesto inatteso, mi donò la chiave.

(Antonella De Andreis – 1996 – Roma)

 

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