E’ da qualche tempo che l’argomento della gestione delle emozioni trova spazio di riflessione da parte della letteratura scientifica. Qui di seguito un sintetico spunto di semplice applicazione a situazioni concrete.
Riconoscere il linguaggio dei sentimenti è importante per vivere al meglio le relazioni interpersonali nel qui ed ora, così da evitare il rischio di dispersioni emozionali fatti di sofferenze dovute ad eventi pregressi (rancori) o ad immaginari eventi futuri (ansie).
E per arrivare a tale equilibrio emozionale è opportuno e importante riconoscere il bisogno nascosto che sta sotto al sentimento visibile che lo manifesta.
Non dovrebbe comunque accadere quanto accade in alcune situazioni relazionali diffuse e consuete, la tendenza cioè di intimare, sbrigativamente, a chi è nella collera di “stare calmo”, a chi è nella tristezza o nel dolore o nel pianto di “non piangere”, a chi è accerchiato dalla paura di “non aver paura”, ed a chi è euforico di gioia di “datti una regolata”.
Perché non chiedere serenamente (o chiedere a se stessi), invece, a chi sta nel dolore : “Cosa ti fa (o mi fa) soffrire?”, a chi è nella collera: “Che cosa ti fa (o mi fa) arrabbiare?”, a chi è nella paura: “Che cosa ti fa (o mi fa) paura?”, a chi è nella gioia: “Che bello essere gioiosi!”.
Il comportamento di “negazione” dei sentimenti invece, operata spesso per abitudine o superficialità, equivale al comportamento di chi coglie i frutti delle piante e li butta via (i frutti, infatti, sono il comportamento finale visibili delle piante, così come i sentimenti sono la parte terminale e visibile di tutto un processo interiore invisibile). Per cui si potrebbe stabilire questa simpatica equazione:
I frutti stanno alle radici come i sentimenti stanno ai bisogni.
Ciò premesso, ecco la concreta indicazione di atteggiamento per una gestione sana delle emozioni e dei sentimenti. Ci aiuta, come spesso accade, il ricorso ad una metafora tratta dalla natura.
“Come si colgono i frutti?”. Una mela, un fico d’india, un caco, l’uva, non si possono cogliere allo stesso modo.
E questo vale anche per le emozioni e i sentimenti che non si possono cioè gestire o trattare nello stesso modo: GIOIA, TRISTEZZA, COLLERA, PAURA.
I frutti sono visibili, ma le radici no, così come i sentimenti, che sono manifesti, mentre i bisogni no.
La domanda interiore da porsi, a questo punto, da parte di chi fosse alle prese con le emozioni descritte, proprie o altrui, è la seguente: “Di cosa ha bisogno, in radice, chi è nella paura, nella tristezza, nella collera, nella gioia?”.
Chi ha paura ha bisogno di protezione (Ego pro te, io sono qui per te).
Chi è nella tristezza ha bisogno di consolazione (Io sono qui solo con te).
Chi è nella collera ha bisogno di calma (Io rimango calmo).
Chi è nella gioia ha bisogno di condivisione (Che bello condividere con te).
E per ogni sentimento esistono parole, gesti, silenzi, congrui , ricordando che:
“Le parole servono la mente, i gesti servono il cuore, il silenzio serve l’anima”.
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L’INVITO DELLA FOLLIA
La Follia decise di invitare i suoi amici a prendere un caffè da lei. Dopo il caffè la Follia propose: “Si gioca a nascondino?”. “Nascondino, che cos’è?”, domandò la Curiosità. “Nascondino è un gioco. Io conto fino a cento e voi vi nascondete. Quando avrò terminato di contare, cercherò e il primo che troverò sarà il prossimo a contare”. Accettarono tutti ad eccezione della Paura e della Pigrizia.
1,2,3, – la Follia cominciò a contare. La Fretta si nascose per prima dove le capitò. La Timidezza, timida come sempre, si nascose in un gruppo di alberi. La Gioia corse in mezzo al giardino, La Tristezza cominciò a piangere perché non trovava un angolo adatto per nascondersi. L’Invidia si unì al Trionfo e si nascose accanto a lui dietro a un sasso.
La Follia continuava a contare mentre i suoi amici si nascondevano. La Disperazione era disperata vedendo che la Follia era già a novantanove.
“Cento” – gridò la Follia – comincerò a cercare”. La prima ad essere trovata fu la Curiosità perché non aveva potuto impedirsi di uscire per vedere chi sarebbe stato il primo ad essere scoperto. Guardando da una parte, la Follia vide il Dubbio sopra un recinto perché non sapeva da quale lato si sarebbe meglio nascosto.
E così di seguito scoprì la Gioia, la Tristezza, la Timidezza. Quando tutti erano riuniti, la Curiosità domandò: “Dov’è l’Amore?”. Nessuno l’aveva visto. La Follia cominciò a cercarlo, Cercò in cima ad una montagna, nei fiumi, sotto le rocce.
Ma non trovò l’Amore. Cercando da tutte l e parti, la Follia vide un rosaio, prese un pezzo di legno e cominciò a cercare tra i rami, allorché ad un tratto sentì un grido.
Era l’Amore che gridava perché una spina gli aveva forato un occhio. La Follia non sapeva che cosa fare. Si scusò, implorò l’Amore per avere il suo perdono fino a promettergli di seguirlo per sempre.
L’Amore accettò le scuse. Oggi l’Amore è cieco e la Follia lo accompagna.
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