CE LA SI PUO’ FARE… VOLENDO

 Quando si è afflitti da sofferenze croniche che avvelenano la vita, è bene ricordare quanto le scienze umanistiche hanno scoperto per potercene in qualche misura liberare.   E’ bene tenere presente che la guarigione da queste sofferenze implica una serie di passaggi e che il passaggio da una fase all’altra non è automatico e che sono previste anche fasi regressive; pur tuttavia è conveniente sapere che il traguardo finale della quiete esistenziale è possibile raggiungerlo..

QUESTE SONO LE  FASI PER UNA GRADUALE  GUARIGIONE DA SOFFERENZE INTERIORI LEGATE AD EVENTI RITENUTI NEGATIVI:

  • Rifiuto o negazione: (non accetto di essere stato ferito, offeso)
  • Collera, rabbia: (me la prendo con altri per essere stato ferito, offeso)
  • Patteggiamento; (decido di passarci sopra,  ma soltanto a certe condizioni)
  • Depressione: (me la prendo con me stesso per aver permesso di ferirmi, offendermi)
  • Accettazione: (mi conviene accettare questa ferita per vivere un nuovo equilibrio)

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   Viene riconosciuto da tutta la letteratura scientifica che una dinamica di sofferenza relazionale più o meno cronica legata ad eventi della vita passata (ed anche recente) dipende maggiormente dall’idea o interpretazione che ci si è fatta di questo evento che non dall’evento medesimo.

   “Il modo  in cui scegli di vedere il mondo (nel caso nostro “il modo in cui scegli di interpretare un evento”) crea il mondo che vediamo”.

   Se si vuole comunque guarire veramente da questo malanno che inquina le relazioni nel presente occorre  una umiltà di fondo capace di riconoscere che non è il “rancore”  (la parola rancore richiama quella di  “rancido” quasi a voler dire che un sentimento tenuto al chiuso irrancidisce) a produrre  effetti positivi, bensì il perdono (perdonare non cancella il passato, ma apre a un presente non rancoroso e a un futuro migliore).

   Va da sé che la dinamica del perdono non attiene soltanto ad uno sforzo etico di buona volontà, ma tocca e coinvolge i livelli più profondi, quindi spirituali più che psichici, dell’animo umano. Il perdono è una grazia da chiedere a Dio.

   Ed è proprio a questo livello più profondo che “anima” (spirito) ed “animus” (psiche) possono incontrarsi per dare avvio a quel percorso di perdono finalizzato ad un benessere esistenziale nel qui ed ora della quotidianità.

   Il prezzo da pagare è quello di una sottile sofferenza (quasi doglie del parto della nuova persona che si vuole essere) dovuta alla espulsione dall’utero della propria mente di tutti quei “ricordi negativi”, di quelle “recriminazioni”, di quelle “sozzure” che avevano occupato, come scomodissimi inquilini morosi, tale utero mentale.

   Mi si dirà che “non è facile”, alla cui obiezione rispondo, con una velatura di paradosso, che andrebbe espulso dall’utero mentale anche quel “non è facile”.

(Gigi Avanti)

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