Per una cultura del “benessere relazionale”

                                                         “In principio… era la relazione”

                                                            (per una cultura delle buone relazioni)

   L’uomo d’oggi soffre tremendamente del “mal di relazione”, un malanno forse atavico, ma in aumento al giorno d’oggi.

   Curioso notare come i “malanni relazionali” siano andati aumentando con l’aumentare degli studi sulla   relazione interpersonale e sulla comunicazione.

   C’è modo di contenere tale malanno, se non di vincerlo, andando alle sorgenti del problema con l’approfondimento del concetto di relazione… partendo un po’ da lontano e senza troppi complessi di inferiorità nei confronti della cultura odierna prevalentemente sbilanciata sull’’individuale.

   Una cultura più incline al fare che al contemplare, alla tecnica più che all’etica, al frammentario più che al progettuale, all’emotivo più che al razionale, al razionale più che al soprarazionale, al reversibile più che al definitivo, al provvisorio più che allo stabile, all’ideologico più che al culturale, all’individuale più che al relazionale, all’apparire più che all’essere, all’intellettuale più che allo spirituale… e le conseguenze si vedono anche nell’ambito delle relazioni umane.

   Due letture del mondo d’oggi da parte di san Giovanni Paolo II: “Il nostro tempo così carico di tensioni e avaro di tenerezza” e “C’è poca vita umana nelle famiglie dei nostri gironi”.

   Da qui l’urgenza di un cambio di marcia alla ricerca di un ben – essere relazionale a tutto campo.

Un cambio di marcia indicato già da san Giovanni XXIII nel 1962  nel discorso di apertura del Concilio Vaticano II:    “(…) Nel presente ordine di cose la buona Provvidenza ci sta conducendo ad un nuovo ordine di rapporti umani che, per opera degli uomini e per lo più oltre la loro stessa aspettativa, si volgono verso il compimento dei suoi disegni superiori e inattesi. (…)  Al giorno d’oggi, tuttavia, la Sposa di Cristo preferisce far uso della medicina della misericordia piuttosto che della severità. Essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi mostrando la validità della sua dottrina piuttosto che con la condanna”.

   Un episodio del vangelo: l’evangelista Marco  nel raccontare quando a Gesù viene richiesta da un giovane ricco una ricetta  infallibile per una entrata sicura nella vita eterna annota che, Egli, prima di rispondere si premura di creare una relazione empatica e calorosa con  quel giovane:  “Allora, guardandolo, lo amò e gli disse…”.

   Poco importa poi che, nonostante questa benefica entrata in relazione, il giovane “corrugasse” la fronte e se ne andasse via rattristato perché “aveva molte ricchezze”.

  Poco importa cioè se il “ben relazionarsi” non ottiene gli effetti desiderati. Importa invece ritenere che prima di offrire sermoni, prediche, contenuti ci si premuri di stabilire una buona relazione con la persona che si vuole istruire, aiutare, correggere, catechizzare…

    Una riflessione di Anselm Grun a riguardo: “Nel vero incontro (relazione) Dio stesso può trasformare i cuori degli uomini: (…). Tali incontri richiedono  apertura e rispetto dell’altro, libertà da pregiudizio,  disponibilità a entrare hic et nunc in relazione con l’altro…”. Ed ancora:  “ Lo stare insieme sincero e aperto nei colloqui e nell’agire comune trasformerà col tempo le relazioni vicendevoli e aprirà nuove strade. Gli appelli moralistici non cambiano la comunità. Devo percorrere insieme ad essa un cammino di esercizi comuni, che ci potranno cambiare”.

    Da notare i vocaboli “nuovo”, “ordine”, “rapporti” e soprattutto “buono” che tornerà nel titolo del recente documento della CEI: “Educare alla vita buona del Vangelo”. (NB il cap.3°)

   A cosa si va incontro se non si cambia marcia?  Si va incontro al degrado delle relazioni umane, compresa quella della propria relazione con la vita fino ad arrivare allo stress.

   L’Istituto Canadese per la ricerca sullo stress ha diramato da anni i risultati di una indagine sulle cause dello stress. A cadere nello stress sono in percentuale del 24% le persone che “non sono ancora riuscite a discernere cosa è veramente importante nella vita”;  seguono poi in percentuali inferiori coloro che non hanno una “buona o sana comunicazione”, coloro che non dedicano alcun tempo a pratiche di “rilassamento”, e coloro che hanno una  “cattiva alimentazione…

   Aforismi propedeutici: “Più la vita è vuota, più diventa pesante”

“Sono talmente abituato ad essere teso che quando sono calmo mi sento nervoso”

“La relazione con gli altri è come la cucina, in ogni pietanza ognuno trova quello che ci mette”.

“Molte nevrosi dell’uomo moderno sono riconducibili ad un non risolto problema religioso” (Jung).

   Per una “ecologia relazionale” risulta pertanto fondamentale revisionare il proprio rapporto con la vita allo scopo di vivere meglio il qui ed ora delle relazioni anziché consumarle in un frenetico e frettoloso darsi da fare.

    Diventa di fondamentale importanza attrezzarsi interiormente a “vivere il qui ed ora” convinti che alternativa non c’è per rintuzzare gli attacchi di recriminazioni e  nostalgie relative al passato e  preoccupazioni e  ansie relative al futuro…

   Vivere il qui ed ora avendo chiara la differenza tra modalità “giudicante”  (i se, i ma, i però, le etichette, i giudizi sommari) di vivere gli eventi e la modalità “valutativa”.

   Un esempio: quando si vede piovere si è portati (tentati) a dire frettolosamente: “Tempo brutto” (giudicando così l’acqua come brutta) mentre invece andrebbe semplicemente detto: “Tempo piovoso” (descrivendo ciò che si vede…). 

   Il poeta Francesco Petrarca descrisse l’acqua “chiara, fresca, dolce” (utilizzando i sensi del corpo) laddove san Francesco disse di essa (utilizzando i sensi dell’anima) che è “utile, umile, preziosa, casta”.

   All’atteggiamento “valutativo” nel vivere i rapporti si arriva più facilmente “riflettendo” che non “pensando”. Scriveva Machiavelli: “Poca osservazione e molto ragionamento conducono all’errore, molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità”.

   Spunti sulla “comunicazione” favorente il benessere relazionale: (il 10% del comunicare è coperto dal contenuto di pensiero, il 30% dal tono di voce, il 60% dalla gestualità fisica). Ne deriva che una “buona relazione” necessita di una “buona comunicazione” e una buona comunicazione garantisce il sussistere di una relazione che da benessere.

 “I pensieri servono la mente, i gesti servono il cuore, il silenzio serve l’anima”.

Curioso notare l’etimo del verbo “silére” (da cui la parola “silenzio”) che deriva dal fruscìo della spiga di frumento al suo schiudersi.

   Per quanto attiene al ben – essere relazionale di coppia è fondamentale approfondire questi slogan: “Amarsi da Adulti Adesso”, tenendo presente che “L’amore adulto e maturo è la capacità di stabilire una relazione affettiva duratura e stabile” (Freud) e che una definizione classica di matrimonio nel è la seguente: “Il matrimonio è una alleanza tra due esseri differenti per la salvezza, attraverso morte e risurrezione, a somiglianza della Grande Alleanza”. (Centro “La Famiglia – Roma).

   E per concludere la definizione di padre Luciano Cupia ( o.m.i. fondatore del Centro LAL FAMIGLIA di Via della Pigna 13/A nel 1966, deceduto il 26 febbraio 2014):  “La coppia è un uomo e una donna che si scelgono per scambiarsi caldi e morbidi”.

   In sintesi, il benessere relazionale coniugale può sintetizzarsi  anche così con l’immagine del tandem e le sei consonanti magiche (tre C e tre T)io e te scegliamo di essere un noi  intenzionato a Convivere, Condividere, Comunicare (Gigi Avanti) in Tenerezza, Tolleranza, Trasparenza (Luciano Cupia)

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 (www.gigiavanti.com)

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