Archivi del mese: Maggio 2020

Crescere… per via naturale

                                                    FELICITA’…MATURITÀ’ 

 (Alessandro D’Avenia sul Corriere della Sera del 17 settembre 2018)

 Amo restaurare le parole con le crepe, prima che vadano in frantumi. Sono perciò partito dalla parola “felicità” dicendo loro che è sinonimo di “maturo”. Non ci credevano. “Felix”, in latino, indicava semplicemente l’albero che da frutto (la radice è la stessa di “fecondo”): “arbor felix” era per il contadino l’albero che porta frutti buoni, pronti per essere imbanditi in tavola o usati per nuove seminagioni. L’albero felice è l’albero fertile, nutre e dà altre piante. La parola “felice” occupa la prima pagine dei libri di psicologia come motore della vita umana. E, a conti fatti, i due ambiti che consentono di definirci di renderci felici sono la costruzione di relazioni autentiche e la realizzazione delle proprie attitudini nella vita, non solo professionale. (…)

A questo punto era arrivato il momento di passare al termine “maturo”, perché l’albero felice dà frutti maturi, né acerbi, né marci. La parola “maturo” ha una storia affascinante, ed è l’orizzonte che presento ai miei studenti per liberarli dall’ansia degli esami e aiutarli a concentrarsi sull’essenziale che servirà ad affrontarlo, indipendente dal risultato.

Maturo è imparentato con: mattutino, (do)mani), mese… parole derivanti da una radice e che indicava il misurare e che si utilizzava per le cose del grande misuratore: il tempo.

Per questo “maturo” indica propriamente: “ciò che arriva a tempo, di buon’ora, e quindi a perfezione, a compimento, detto soprattutto di frutti o messi, nel giusto accordo con le stagioni”.(…)

La storia della parola ci obbliga a spostare la nostra attenzione dalla statica (maturità) alla dinamica vitale (maturazione).

Chi è “maturo”? Colui che arriva per tempo, quindi la maturazione non è compatibile con la pigrizia o con la fretta: i frutti maturano nella stagione giusta e nelle precedenti si preparano; maturo è colui che arriva a compimento, quindi bisogna aver chiaro quali aspetti della propria persona occorre curare perché diano il frutto atteso; maturo è colui che sa misurare i fenomeni, ed è quindi capace di affrontare la realtà a partire da una presa di posizione radicata – senza radicalismo – sul mondo, per non lasciarsi trasportare dai venti emotivi e nei luoghi comuni. Maturo, insomma, è chi misura e si misura con la realtà. Per questo ho ripreso le parole con cui Enrico V, nell’omonima opera shakesperiana incita i soldati. Le condizioni sono avverse, i nemici molto più numerosi. Il re Enrico vince la loro paura ribadendo che non vuole un solo uomo in più, perché la vittoria è da un’altra parte: “Quando l’anima è pronta, lo sono anche le cose”. Per me è il motto per l’anno della maturazione e della maturità, l’opposto di chi ci dice di affrontare le cose solo quando ci sentiamo sicuri di poter avere successo: “quando le cose sono pronte allora anche l’animo lo sarà”.

E’ questo l’alibi che imprigiona il senso dell’avventura proprio del giovane, la cui maturazione può avvenire solo con il coraggio di uscire da se stesso e rischiare la vita, affrontando il vuoto che ogni scelta comporta: “avventura” viene da “ad – ventura”, le cose che accadranno, per le nostre scelte, senza che possiamo controllarne l’esito.

Abbiamo barattato l’avventura con l’ossessione per la “sicurezza”, fonte di paura che porta a rifugiarsi in copioni dettati da altri, pur di non fallire.

Così il “successo” (risultato) ha sostituito il “processo” (vita); ci si impegna per qualcosa se è facile, comodo o garantito. Esattamente  il contrario di ciò che fa il seme per maturare, cioè uscire da sé, per dare un giorno i frutti scritti nel suo stesso innato dinamismo.

Il corpo e il cervello di un adolescente condividono questo slancio che si esaurisce intorno ai 20 anni. (…)

La scelta di lasciare casa, inaugurare un lavoro, costruire un proprio nucleo familiare, è frutto della spinta naturale a  dar vita al nuovo, vincendo la seduzione della sicurezza che preferisce “im – plorare” (piangere perchè la realtà non ci soddisfa) a “es – plorare” (misurarsi con la realtà facendo scelte coraggiose). (…)

Gli educatori sono quindi giardinieri che mettono il seme in condizione di maturare, e poi  potano, non per mortificare, ma per concentrare la linfa, che un giorno renderà “felix” l’albero: fecondo.

Tante crisi di felicità sono crisi di infecondità esistenziale.

 Ho pensato che, avendo modo, nel servizio consulenziale, di incontrare persone alle prese con problemi interiori (di carattere psichico o spirituale) di infelicità, di insoddisfazione, di adolescenzialità cronica… questa considerazioni possano essere applicabili per essere di aiuto. (Gigi)

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ANNIVERSARIO DELLA PRIMA APPARIZIONE DELLA MADONNA A FATIMA

CRESCENDO… SI IMPARA A FARE A MENO DI QUALCOSA….

      (purché si abbia il dono del discernimento, se no sono guai seri)

 

E’ proprio vero ed è la vita stessa ad insegnarcelo piano piano…   Soltanto che questa dinamica non sembra valere per l’umanità nel suo insieme, almeno sembra non valere per quella porzione di umanità della cosiddetta Vecchia Europa. Sembra non valere perché, paradossalmente parlando,  la Vecchia Europa, “crescendo”, ha voluto fare a meno di qualcosa, soltanto che questo “qualcosa”  non è quel guazzabuglio di superfluità (materiali o di costume…) che l’ha accompagnata fin qui…

   Quel “qualcosa” era ed è qualcosa di importante, anzi di fondamentale e questa è la ragione per la quale, avendone voluto farne a meno, siamo arrivati a questo punto di  degrado delle relazione umane, di inquietudine, di aggressività, di “mal di relazione”… Scriveva San Giovanni Paolo II: “Il nostro tempo, così carico di tensioni ed avaro di tenerezza” ed anche : “C’è poca vita umana nelle famiglie dei nostri giorni”.

   Lo stesso psicologo Carl Gustav Jung osservava: “Tante nevrosi dell’uomo moderno sono riconducibili ad un non risolto problema religioso”.  E la ragione di questo dilagare del “malessere esistenziale” sta proprio, per quanto riguarda la Vecchia Europa, nel fatto che crescendo ha voluto fare a meno delle cose “fondamentali” e non delle “superfluità”, ragion per cui siamo ridotti così. Ha rinunciato al “bene” ed è stato fatale essersi ridotta così “male”.Lo spunto per questa riflessione, che dedico a tutti  i miei amici non ancora ridotti così male, mi è stato dato da una omelia del mio precedente parroco, Don Roberto De Odorico (attualmente Segretario Generale della Pontificia Università Lateranense)…

 Lui sosteneva che a partire dal ‘500 (1517) la Vecchia Europa ha incominciato a voler fare a meno della Chiesa (il Protestantesimo è, in sostanza, questo).

  Due secoli dopo, nel ‘700, (1717) ha continuato su questa strada volendo fare a meno di Dio (la Massoneria, in buona sostanza, è questo).

 Agli albori del ‘900 (1917) ha perseverato diabolicamente su questa tortuosa strada scegliendo di poter fare a meno di Gesù Cristo  (il marxismo  – leninismo autodichiaratosi ateo è proprio questo… con la sequela di tutti i “comunismi artigianali locali”), nel senso che se non c’è un Padre (massoneria) non ci può essere neppure un Figlio… (materialismo marxista).

 Per inciso, il 13 maggio 1917, la Madonna appare per la prima volta ai tre pastorelli  di Fatima… Solo coincidenze, oppure, come scrive lo scienziato Einstein: “Il caso è Dio che gira in incognito?”.

   Comunque sia, questo è ciò che è accaduto: si è finiti così “male” perché, “crescendo”, la Vecchia Europa ha scelto di poter fare a meno di “qualcosa”!  Soltanto che questo “qualcosa” era  il “bene”, era il vero patrimonio dell’umanità…

C’è però una via d’uscita…

   E siccome è stato proprio Gesù a dire di essere la “Via, la Verità e la Vita”, forse è il caso di suggerire alla vecchia Europa dalla coscienza sonnacchiosa, di fare almeno memoria storica (se non proprio spirituale) di talune sue espressioni . Si tratta di cinque espressioni da leggere in sequenza logico – spirituale:

 “CERCATE PRIMA DI TUTTO IL REGNO DI DIO E IL RESTO VI VERRÀ’ DATO IN AGGIUNTA”.

 “SENZA DI ME NON POTETE FARE NULLA”.

 “IMPARATE DA ME CHE SONO MITE E UMILE DI CUORE”.

  “NESSUNO PUO’ VENIRE A ME SE IL  PADRE MIO CHE E’ NEI CIELI NON LO ATTIRA”.

  “OGNI COSA CHE CHIEDERETE AL PADRE MIO IN MIO NOME EGLI VE LA DARÀ.

 

   Queste cinque espressioni diventano allora la Via Vera per una Vita piena ed appagante. Queste cinque soavi esortazioni indicano la direzione esatta da intraprendere, quale che sia la vocazione personale ascoltata ed accolta nell’ intimo della propria anima. Per crescere, si diceva, è necessario fare a meno di qualcosa … e questo costa sempre caro, ma è una legge della vita. Parimenti, per crescere nella fede adulta, paradossalmente parlando, non è necessario, né conveniente, né da persone intelligenti fare di testa propria, ma fare a meno di fare di testa propria.

   E’ semplicemente conveniente, necessario, e da persone umilmente intelligenti, non fare a meno di Gesù… e questo non costa niente, proprio niente… è soltanto grazia.

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CHI CERCA…ha già trovato

OGGI TROVO QUESTO…

 

“Fai tutto quello che puoi, con quello che hai, nel posto in cui sei”. (Roosevelt)

 “La conoscenza parla, ma la saggezza ascolta”.  (Jimi Hendrix)

 “La vera scelta non è tra il fare una cosa e il non farla ma tra il farla o non farla per coraggio oppure per paura”.  (Gramellini)

 “Una comunità dura finché si litiga per lavare i piatti e  finisce quando si chiede a chi tocca”. (S. Fausti)

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“Il caso è Dio che gira in incognito” (Einstein)

“Che mistero! S’incontrano nella vita migliaia di persone che spariscono senza lasciare dietro di sé alcuna traccia fuorché una immagine vaga nella memoria. Invece si trova qualcuno che poteva non venire lì, in quel luogo, a quell’ ora. E anche voi potevate non esserci. Ma è venuto e voi pure, e quell’ incontro è una nuova svolta nella storia della vostra vita”.

 

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Non è che la vita vada come tu te la immagini. Fa la sua strada. E tu la tua. Io non è che volevo essere felice, questo no. Volevo… salvarmi, ecco: salvarmi.

Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri. Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente: il dovere, l’onestà, essere buoni, essere giusti.

No. Sono i desideri che salvano. Sono l’unica cosa vera. Tu stai con loro, e ti salverai. Però troppo tardi l’ho capito. Se le dai tempo, alla vita, lei si rigira in un modo strano, inesorabile: e tu ti accorgi che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti del male.

E’ lì che salta tutto, non c’è verso di scappare, più ti agiti più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci. Non se ne esce. Quando era troppo tardi, io ho iniziato a desiderare.

Con tutta la forza che avevo. Mi sono fatta tanto di quel male che tu non puoi nemmeno immaginare.

(Alessandro Baricco)


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Quando l’ascoltare… diventa arte!

                CONCENTRAZIONE E COMPASSIONE

 Un giovane che aveva gravi problemi si presentò un giorno in un monastero e chiese di parlare con l’abate. “La vita è per me un peso insopportabile”, gli dichiarò. “Quando mi alzo la mattina, mi chiedo perché lo faccio; ogni giorno è una sofferenza; non so più a chi rivolgermi. Ho sentito dire che il Buddismo promette la liberazione dal dolore, già qui in questa vita. Ma io non sono capace di lunghi sforzi: non potrei passare anni a meditare o a fare sacrifici. Avrei bisogno di un metodo semplice e immediato, di una via breve. Mi sapete dire se esiste?”

   L’abate gli domandò: “Che cosa sai fare?”. “Non so fare niente e non sono nemmeno capace di studiare.” “Ma c’è qualcosa che ti piace fare?”. “Soltanto una cosa: giocare a scacchi”.

   L’abate ordinò che gli venissero portate una scacchiera e una spada. Poi mandò a chiamare un monaco. “Tu mi hai giurato obbedienza” gli disse. “Ora devi mantenere il tuo voto. Giocherai una partita a scacchi con questo giovane. Ma bada bene: se perderai, ti taglierò la testa con questa spada. Se invece sarà lui a perdere, taglierò la sua testa. Vi prometto, comunque, che chi morirà raggiungerà in quel momento l’illuminazione”.

   I due giovani fissarono pallidi l’abate e capirono che non stava scherzando. Ma non se la sentirono di tirarsi indietro. Erano infatti lì per quel motivo: per raggiungere l’illuminazione e, con essa, la liberazione da ogni sofferenza. E sapevano di dover rischiare ogni cosa, anche la vita. Così acconsentirono e incominciarono a giocare.

   Entrambi si concentrarono come non avevano mai fatto: le loro gocce di sudore cadevano sulla scacchiera, che ormai rappresentava tutta la loro vita, tutto il loro mondo. Vincere o morire: non c’era una terza possibilità.

   L’abate li osservava impassibile con la spada in mano. Il giovane si trovò dapprima in svantaggio, ma poi il monaco fece una mossa sbagliata, che in breve lo mise in difficoltà. “La vittoria non può più sfuggirmi” pensò il giovane. E si mise a guardare l’avversario. Vide che aveva solo qualche anno più di lui, notò l’espressione seria e capì che doveva aver trascorso anni in quel monastero, sottoponendosi a prove e sacrifici. Certo, anche l’altro sentiva la sofferenza della vita e voleva liberarsene; e si era, per questo, impegnato con tutte le sue forze. Che differenza c’era fra loro? Nessuna; solo che lui, il monaco, si era impegnato di più. Ma ora stava perdendo a quel gioco, e sarebbe morto.

   Il giovane provò, a questo punto, una grande compassione per il suo avversario e non desiderò più vincere. Compì una serie di errori deliberatamente, finché fu vicino alla sconfitta definitiva, allo scacco matto.

   A quel punto l’abate si alzò, sollevò in alto la spada e l’abbatté…non sul colle del giovane, ma sulla scacchiera, che andò in frantumi.

   “Non c’è né vincitore né vinto” dichiarò. “E quindi non taglierò la testa di nessuno”. Poi aggiunse rivolto al giovane: “Due sole cose sono necessarie: la concentrazione e la compassione. Tu oggi le hai sperimentate entrambe. Eri completamente concentrato nel gioco e, in quella concentrazione, hai potuto sentire compassione per il tuo avversario. Questa è la via che cerchi”.

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   Questa storiella illustra in modo inequivocabile il comportamento funzionale di un ascoltare adulto. Singolare, al riguardo, il comportamento  dell’abate, che oltre a non lasciarsi irritare dalla domanda iniziale del giovane…e dalle sue prime risposte quasi provocatorie, vuole accedere all’ intimo della persona utilizzando la tecnica del “domandare” proprio in riposta ad una “domanda”.

   Questa tecnica fa parte della cultura ebraica e permette di andare all’ anima del domandare, non lasciandosi ingannare dalla primitiva richiesta esteriore.

   Narra un aneddoto che una volta fu chiesto ad un ebreo come mai fosse consuetudine, presso gli ebrei, di rispondere ad una domanda ponendo un’altra domanda; e l’ebreo rispose “E perché no?”.

   La metafora sotterranea della possibilità di vivere in compresenza dell’angoscia di morte (spada di Damocle) non necessità di approfondimenti.

   Da sottolineare invece il passaggio dinamico, da parte del giovane problematico, dal livello del pensare (concentrazione) a quello del sentire (compassione)… che avviene quando, anziché pensare alle mosse da fare sulla scacchiera, si mette ad osservare il monaco giocatore. In questo momento nasce l’empatia.

  

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Nuova catechesi…

                                           Le mani di mio PADRE… e le labbra di mia MADRE…

 

   “A casa mia la religione  non aveva nessun carattere solenne: ci limitavamo a recitare quotidianamente le preghiere della sera tutti insieme.

   Però c’era un particolare che mi ricordo bene e me lo terrò a mente finché vivrò: le orazioni  erano intonate da mia sorella e, poiché per noi bambini erano troppo lunghe, capitava spesso che la nostra “diaconessa” accelerasse il ritmo e si ingarbugliava  saltando le parole, finché mio padre interveniva intimandole di ricominciare da capo.

Imparai allora che con Dio bisogna parlare adagio, con serietà e delicatezza. Mi rimase vivamente scolpita nella memoria anche la posizione che prendeva mio padre in quei momenti di preghiera. Egli tornava stanco dal lavoro dei campi e dopo cena si inginocchiava per terra, appoggiava i gomiti su una sedia e la testa tra le mani, senza guardarci, senza fare un movimento né dare il minimo segno d’impazienza.

   E io pensavo: mio padre, che è così forte, che governa la casa, che guida i buoi, che non si piega davanti al sindaco, ai ricchi e ai malvagi… mio padre davanti a Dio diventa come un bambino.

   Come cambia aspetto quando si mette a parlare con Lui! Deve essere molto grande Dio, se mio padre gli si inginocchia davanti! Ma deve essere anche molto buono se gli si può parlare senza cambiare il vestito.

   Al contrario non vidi mai mia madre inginocchiata. Era troppo stanca, la sera, per farlo… Si sedeva in mezzo a noi, tenendo in braccio il più piccolo. Indossava un vestito nero che le scendeva fino ai tacchi, e lasciava andare i capelli in disordine giù per le spalle. Recitava anche lei le orazioni dal principio alla fine e non smetteva un attimo di guardarci, uno dopo l’altro, soffermando più a lungo lo sguardo sui più piccoli. Non fiatava nemmeno se lo sguardo sui più piccoli la molestavano, nemmeno se infuriava la tempesta sulla casa o il gatto combinava qualche malanno.

   E io pensavo. Deve essere molto semplice Dio se gli si può parlare tenendo un bambino in braccio e vestendo il grembiule. E deve essere anche una persona molto importante se mia madre quando gli parla non fa caso né al gatto né al temporale.

Le mani di mio padre e le mani di  mia madre m’insegnarono, di Dio, molto più che il catechismo.

                                                                                                                                                          (Padre Aimè Duval)   

Si educa molto con quel che si dice, ancor più con quel che si fa, ma molto di più con quel che si è”.

(S. Ignazio di Antiochia)

 

 

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Oggi ragiono (o sragiono) così

                PENSIERI IN SALSA DI PARADOSSO

 In questi tempi così critici dove si sente spesso dire “siamo tutti sulla stessa barca” senza mai concludere “e soffriamo tutti il mal di mare”, affiorano alla superficie della memoria pensieri, ricordi, metafore, citazioni, considerazioni, articolazioni di ragionamenti che mi rendono faticosa anche la più semplice opera di sistemazione concettuale.

E così li lascio andare in libera uscita e sia quel che sia. Il primo pensiero riguarda il settore del crimine.

Sento parlare di sconto di pena, permessi premio ecc.  Un principio dal sapore spirituale più che psicologico afferma che: “Non c’è redenzione senza espiazione”. Espiazione della colpa, totalmente. L’espiazione della colpa avviene attraverso la sanzione della pena e che questa venga   più o meno bene sanzionata e  regolamentata attiene alla dialettica giuridica del delitto penale. Ma se questa dialettica giuridica sanzionatoria prevede l’introduzione di misure, accorgimenti, scorciatoie che ammorbidiscono l’espiazione, viene da chiedersi quanto possa essere raggiungibile il traguardo della redenzione. Soprattutto se si pensa ai crimini di maggior portata, senza ignorare ovviamente la pena infinita inflitta ai familiari colpiti dal crimine.

 

Un altro ragionamento è quello relativo alla gestione della libertà ad opera dello Stato. E qui, al netto da ideologismi patetici di ogni colore e natura, mi va di ragionare in termini di paradosso.

Immagino il Creatore (che si è rivelato Dio all’ epoca di Mosè e poi Padre con la venuta di Gesù) alle prese con il problema della creazione della libertà. Problema risolto. Il Creatore ha ideato la libertà senza “se”, senza “ma” e soprattutto senza “però”.

La libertà sembrerebbe essere un concetto refrattario ad aggettivazioni che, in qualche modo o misura,  potrebbero snaturarla.

Immaginiamo se il Creatore avesse creato la libertà dicendo ad esempio: “Vi creo liberi, ma (e già una serie di eccezioni), se (e giù un elenco di dettagli), però (e giù una caterva di dettagli o decreti applicativi).

Certo, ha rischiato grosso comportandosi così  come si è comportato… tanto più che sapeva che la sua creatura lo avrebbe deluso.

Ma è proprio per questo che è “unico” e  simpatico e amabile, perché ha dimostrato totale fiducia nella nostra intelligenza… tra l’altro donata da Lui.

http://www.gigiavanti.com

 

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