OMOSESSUALITÀ’… e non solo
(Gigi Avanti)
“SE L’AVER MANGIATO UN FRUTTO HA ROVINATO
L’UMANITA’, LA SALVEZZA SARA’ NELL’ATTEGGIAMENTO
CONTRARIO, NEL GUARDARE UN FRUTTO SENZA
MANGIARLO”. (Simone Weil)
“Mentre Dio perdona sempre
e l’uomo perdona qualche volta,
la natura non perdona mai;
quando ci si oppone alla natura,
la natura disapprova, ribatte,
restituisce il colpo”. (Terruwe, psicologa olandese)
“Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo”. (Tolstoi)
Le persone omosessuali godono e godranno sicuramente delle benevolenza e della misericordia di Dio alla pari di tutte le sue creature di qualsiasi genere.
Quella che invece non potrà godere mai della Sua approvazione misericordiosa è la ideologia, la filosofia che sottende a questo fenomeno.
E la ragione è una sola. Nel piano o progetto creaturale esiste un dato di fatto ed è quello della invenzione della bisessualità “maschio e femmina” (ish e issha, in lingua originale ebraica) “ad immagine e somiglianza di Dio”.
La parola “sessualità” ha una etimologia semplice che rimanda al verbo latino “secare” (tagliare in due), il che autorizza a concludere che il Creatore abbia creato “l’umanità” (“Facciamo l’uomo…. maschio e femmina li creò”) in maniera tale che “secata” ne sarebbe derivata la bisessualità.
Ciò premesso c’è da notare che al giorno d’oggi c’è molto dibattito attorno alla “omosessualità”.
Si è passati dal considerarla frettolosamente come una “patologia”, “perversione”, “anomalia” a leggerla invece come “differente normalità”.
Credo pertanto importante accennare ad alcuni concetti i fondo da non trascurare mai nel dibattito (diritto naturale, diritto civile, cultura e natura, famiglia patriarcale, nucleare, adottiva, monogenitoriale, ricombinata, omogenitoriale, allargata, ricomposta…), ma prima di tutto vorrei precisare che la verità è al singolare (Dio crea “la coppia” composta da maschio e femmina e non altro, la “famiglia” sgorgante da tale coppia, la “natura” e non altro….).
In seconda battuta vorrei accennare alla realtà del “limite del linguaggio umano” quando ci si inerpica sulle tortuose strade della “definizione” di un dato della realtà ed anche, e lo dico sommessamente, alla tendenza ad usare espressioni eufemistiche quando la realtà si presenta nella sua nuda drammaticità.
Un esempio per tutti: nel caso dell’aborto (che è drammaticamente un figlicidio) si usa l’espressione edulcorata “interruzione volontaria della gravidanza”.
La legge attuale parla di “tutela della maternità” e poi di “interruzione volontaria della gravidanza. Cosa vuol dire? Che si tutela la “maternità” interrompendo la “maternità”?
Mi chiedo se “interrompere una vita” sia equiparabile alla interruzione della corrente elettrica che alimenta una luce… Me lo chiedo e basta.
Mi chiedo, anche, se definire la omosessualità come “differente normalità” giovi a vederci chiaro nello scenario complesso di tale realtà…
Cosa dire della parola “omofobia”? Ho l’impressione che talvolta si usino determinati vocaboli in maniera approssimativa e scarsamente scientifica.
“Fobia” è un vocabolo appartenente al mondo complesso e articolato delle patologie psichiche e avente a che fare con il mondo delle emozioni e dei sentimenti, in particolar modo con il mondo variegato della paura, dell’ansia, dell’angoscia, del panico…
Mi chiedo se sia corretto, dal punto di vista della psicologia dinamica, voler legiferare sui sentimenti…
Mi chiedo ancora se sia onesto fare di ogni erba un fascio dando dell’ omofobo a chi magari nutre semplicemente delle “perplessità” sulla ideologia sostenitrice della “omosessualità”, come di una “differente normalità”.
Mi chiedo, in conclusione, se non sia più onesto riconoscere, invece, “l’omoperplessità” come un sano sentimento di difesa nei riguardi della ideologia della “omosessualità” intesa come “differente normalità”.
Parlare di “omofobia” mi pare proprio esagerato. Parlare di “omoperplessità” mi pare più equilibrato.
A questo punto, perché non andare alle origini della creazione per cogliere i dati sensibili che possono giovare allo sviluppo del nostro tema?
Ribadisco che questo argomentare riguarda l’omosessualità… e non intende minimamente includere la persona omosessuale.
Il dato antropologico delle origini è incontrovertibile, nonostante abbia subito lo sfregio proprio dalla prima coppia, la quale, per voler essere “originale” pensò bene che il “male” (anagramma in lingua italiana di “mela”… benché il dato biblico parli di frutto) si potesse fare anche “bene”.
Tale comportamento “originale” attiene al grande mistero del male, tra le cui pieghe è sconsigliato avventurarsi…con la sola ragione.
Già sant’Agostino liquiderà, con le sue fulminanti espressioni, tutto questo: “Omnis homo Adam, omnis homo Christus” e “Felix culpa”, lasciando intendere che di mezzo c’è il grande mistero della libertà…
Quale è stato il vulnus inferto dalla prima coppia al progetto originario al Creatore, vulnus che inquinerà nel tempo qualsiasi contesto o situazione “relazionale”… segnatamente quella sessuata?
La prima “colpa” è stata quella di “cedere” al desiderio di “avere” quello che si vedeva come “bello, attraente, piacevole”.
Ma non è che il “desiderio di avere” possa nascondere il “bisogno di essere” quello che vorresti avere? Non è, casomai, che frenando la fregola di voler soddisfare subito, e acriticamente, un desiderio, si arrivi a cogliere il vero bisogno che sta nascosto?
Il “bisogno di essere piacevole, bello, attraente”, reciprocamente per i due partners, visto che la loro storia relazionale comincia in coppia?
Seconda colpa (o responsabilità della prima coppia) è quella di Adamo incapace di dire “no” a Eva per il fatto di aver operato, individualmente e senza comunicarlo al suo marito – uomo – amante – sposo, una scelta in un contesto relazionale dove la condivisione è struttura portante di ogni rapporto, anche oggi!
Terza colpa (o responsabilità) è quella di aver “preteso” di voler avere di più di quello che già erano. Erano creature di Dio.
Sotto i colpi del Tentatore (Satan, l’avversario; Diavolo, il divisore; Demonio, l’affascinante, l’abbagliante..) che assicurava che “fare esperienza del male” non portava poi così male visto che lui ne era uscito vivo, i due primi adolescenti della storia caddero clamorosamente.
“Desidera ciò che hai “, scriverà Sant’Agostino.
Avevano di “essere” creature privilegiate del Creatore. Perché volere di più?
Mi pare di vedere Dio deluso e sconsolato… e magari bisognoso di ascolto da parte di … qualche consulente… specializzato.
Altro approccio.
Sul piano dialettico, ed anche storico, il confronto tra “natura” e “cultura” è sempre stato una costante. Da una parte i “naturalisti”, gli “ecologisti” e dall’altra gli “ideologi” o gli ideoecologisti”.
Sebbene a parole nessuna categoria avesse avuto intenzione di prevaricare sull’altra, in pratica è innegabile che in questi ultimi tempi sia in atto una sottile prevaricazione del “culturalisti” sui “naturalisti”.
Mi chiedo come mai… e non mi so rispondere, anche perché entrambe le categorie di persone fanno parte del genere umano ed hanno i medesimi bisogni, in vetta ai quali c’è il bisogno di capire e di essere capiti.
Cosa difficile, se non impossibile, quando si parte da posizioni preconcette, pregiudiziali, oppositive per scelta ideologica.
Volendo descrivere le tendenze della cultura odierna, ne potrebbe uscire un quadro così:
– Una cultura più incline al fare che al contemplare…
– Una cultura più improntata alla tecnica che all’etica…
– Una cultura più sbilanciata sul frammentario che non sul progetto d’insieme…
– Una cultura più attratta dalla emotività che non dalla ragionevolezza…
– Una cultura più incline al razionale che non allo spirituale
– Una cultura della reversibilità delle scelte e timorosa della definitività…
– Una cultura ubriaca di ideologia e povera di intelligenza
– Una cultura dell’individualità in conflitto con la relazionalità…
– Una cultura dell’apparire che penalizza l’essere…
– Una cultura del desiderio che si autoproclama diritto…
– Una cultura del contro che prevarica il con…
E si potrebbe continuare, ma finirebbe per angosciare troppo.
Relativamente al tema in questione, sembrerebbe di poter dedurre che tali “mode culturali” abbiano finito per influire negativamente anche nel settore della sessualità, specie nella dialettica “desiderio – diritto”.
“Ma dove sta scritto che ciò che si desidera avere, abbia diritto ad averlo?
Dove sta scritto cioè che ho diritto ad avere gli stessi diritti degli sposati pur non essendolo?
Dove sta scritto che l’omosessualità accampi dei diritti propri della eterosessualità?
Dove sta scritto?
Dove sta scritto che il desiderio si autoproclami diritto?
Un giudice pontificava così: “Nessuno può negare il diritto alla paternità”.
Sicuro, caro giudice? A quando allora “il diritto a nascere”?
Ma la paternità non è forse un dono distribuito dal Creatore (dalla natura) secondo criteri che sfuggono alla comprensione della nostra piccola e striminzita mente?
(“Quidquid recipitur ad modum recipientis recipitur” ammonivano gli antichi pensatori latini).
“Per un pipistrello, il paradiso è pieno di pipistrelli”.
Non è che si stia passando dal “tutto è grazia” (espressione con la quale George Bernanos chiudeva un suo celebre romanzo) al “tutto è diritto”?
Sono domande semplici alle quali occorrerebbe rispondere in umile semplicità attivando l’uso dell’intelligenza al suo livello più alto, cioè al livello spirituale, e non volare al livello ( pur pregevole, se vogliamo) solamente razionale o giuridico.
Gesù, a proposito della domanda degli “intellettuali” suoi coetanei curiosi di sapere come mai Mosè avesse concesso di “divorziare” (cultura… giuridica ) nonostante il Creatore avesse sancito: “L’uomo non separi ciò che Dio ha unito” (cultura… antropologica, natura), diede una risposta tenera, ma decisa: “All’ inizio non era così”, per poi aggiungere, con tono soavemente rimproverante: “Per la durezza del vostro cuore…” è avvenuto cosà.
Si parla di “cuore” più che di “ragione”.
Si parla cioè di “capacità di amare”… che, come afferma Fromm, è un “arte”.
“Capacità”, che come ogni capacità necessita di un tirocinio di maturazione iscritto nella natura medesima.
Una efficace affermazione di Freud recita così: “L’amore adulto e maturo è la capacità di stabilire una relazione affettiva duratura e stabile”.
Non è che certi “ragionamenti” siano elaborati più in versione tecnica che non artistica?
Me lo chiedo, anche perché va ricordato che: “Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce”.
Aggiungerei le tre caratteristiche della sessualità umana: creativa (nel senso che l’attrazione maschio femmina genera la coppia), ricreativa (nel senso dell’eros, del sentimento, della sana complicità amorosa), procreativa (nel senso che tale relazione interpersonale tra maschio e femmina è generativa di futuro).
Mi chiedo se nel panorama “omosessualità” vi sia presenza di tutte e tre queste caratteristiche.
Un’ultima osservazione. Afferma Giacomo D’Aquino: “Si diventa adulti quando si riesce a distinguere il bisogno di affetto dal bisogno di approvazione”.
Quando a un bambino si dice il famigerato “no”, egli risponde “sei cattivo/a”. E va bene, perché per la sua giovane età sentirsi disapprovato equivale a sentirsi non amato.
Ma quando non si è più bambini si dovrebbe imparare, il prima possibile, ad accogliere un rifiuto (che non è disconferma) come tale.
Chi ci vuole bene può contemporaneamente volerci bene e non voler bene ai nostri comportamenti non buoni.
Anche Dio usa così: ci vuole bene, ma non può volere bene ai nostri “capricci”… se no ci condannerebbe a rimanere sempre bambini… capricciosi.
Per l’approccio consulenziale con le persone omosessuali.
Con gli adolescenti occorre vigilare sul non dare per scontato: “mi sento attratto da”…. “quindi sono”… che è una deduzione frettolosa e acritica fatta dalle mente dell’adolescente.
Occorre indurre alla calma (il periodo di “latenza”, riconosciuto da tutta la scienza della psicologia evolutiva, copre l’intera adolescenza e giovinezza fino ai 20/e oltre).
Con gli adulti in confusione circa il loro orientamento sessuale, occorre avere cura della persona che si sente a disagio, evitando nel modo più assoluto giudizi o interpretazioni psicoanalitiche spesso inefficaci e avviarli a fare pace con se stessi qualsiasi cosa possano pensare possa essere il loro “momentaneo” o meno stato confusivo.
Talvolta la soluzione di ciò che si pensa problema sta nella sua accettazione, sanamente fatalistica, di una realtà che, come ripeto, fa parte dell’intero panorama del mistero del dolore.
Scriveva Einstein: “Non si può risolvere un problema con lo stesso modo di pensare che ha causato il problema”.
ORIANA FALLACI SULLE ADOZIONI GAY. IMMENSA!!
“[…]Con quale diritto, dunque, una coppia di omosessuali (maschi o femmine) chiede d’adottare un bambino? Con quale diritto pretende d’allevare un bambino dentro una visione distorta della Vita cioè con due babbi o due mamme al posto del babbo o della mamma?
E nel caso di due omosessuali maschi, con quale diritto la coppia si serve d’un ventre di donna per procurarsi un bambino e magari comprarselo come si compra un’automobile? Con quale diritto, insomma, ruba a una donna la pena e il miracolo della maternità?
Il diritto che il signor Zapatero ha inventato per pagare il suo debito verso gli omosessuali che hanno votato per lui?!?
Io quando parlano di adozione-gay mi sento derubata nel mio ventre di donna. Anche se non ho bambini mi sento usata, sfruttata, come una mucca che partorisce vitelli destinati al mattatoio.
E nell’immagine di due uomini o di due donne che col neonato in mezzo recitano la commedia di Maria Vergine e San Giuseppe vedo qualcosa di mostruosamente sbagliato. Qualcosa che mi offende anzi mi umilia come donna, come mamma mancata, mamma sfortunata. E come cittadina. Sicché offesa e umiliata dico: mi indigna il silenzio, l’ipocrisia, la vigliaccheria, che circonda questa faccenda.
Mi infuria la gente che tace, che ha paura di parlarne, di dire la verità. E la verità è che le leggi dello Stato non possono ignorare le leggi della Natura. Non possono falsare con l’ambiguità delle parole «genitori» e «coniugi» le Leggi della Vita. Lo Stato non può consegnare un bambino, cioè una creatura indifesa e ignara, a genitori coi quali egli vivrà credendo che si nasce da due babbi o due mamme non da un babbo e una mamma.
E a chi ricatta con la storia dei bambini senza cibo o senza casa (storia che oltretutto non regge in quanto la nostra società abbonda di coppie normali e pronte ad adottarli) rispondo: un bambino non è un cane o un gatto da nutrire e basta, alloggiare e basta. E’ un essere umano, un cittadino, con diritti inalienabili. Ben più inalienabili dei diritti o presunti diritti di due omosessuali con le smanie materne o paterne. E il primo di questi diritti è sapere come si nasce sul nostro pianeta, come funziona la Vita nella nostra specie. Cosa più che possibile con una madre senza marito. Del tutto impossibile con due «genitori» del medesimo sesso.”
Oriana Fallaci – “Intervista a se stessa – L’Apocalisse”