COME AVRANNO FATTO I MAGI?

COME AVRANNO FATTO I MAGI A LEGGERE QUEI SEGNI NEL CIELO E AD INCAMMINARSI VERSO GERUSALEMME?

Proprio così, come avranno fatto? Come avranno fatto a decifrare quei “segni nel cielo” nascosti nel grembo del mistero? Non ci è dato di saperlo, ma quel che è possibile e nutriente ricavarne per la nostra anima è di riflettere sul loro comportamento conseguente.

Un comportamento che li induce a lasciare le loro abitudini e ad incamminarsi alla volta di Gerusalemme con un progetto ben preciso, quello di andare ad “adorare” il neonato Messia.

Di comportamento opposto, invece,  quello di Erode che, fornito delle medesime “informazioni” decide di far fuori dalla storia Colui che stava, invece, per dare senso compiuto alla storia.

Il solito paradosso tra chi mette Dio al centro della storia  e chi, invece,  mette se stesso, il proprio io al centro della storia.

Il brano “scientifico” che riporto da VITTORIO MESSORI, IPOTESI SU GESU’, SEI, 1976, offre una pregevole lettura del “mistero dei segni nel cielo”. Mistero nel quale è meglio lasciarsi andare a naufragare piuttosto che intestardirsi a volerlo capire.

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“Nel dicembre del 1603 il celebre Keplero, uno dei padri dell’astronomia moderna, osserva da Praga la luminosissima congiunzione (l’avvicinamento, cioè) di Giove e Saturno nella costellazione dei Pesci. Keplero, con certi suoi calcoli, stabilisce che lo stesso fenomeno (che provoca una luce intensa e vistosa nel cielo stellato) deve essersi verificato anche nel 7 avanti Cristo. Lo stesso astronomo scopre poi un antico commentario alla Scrittura del rabbino Abarbanel che ricorda come, secondo una credenza degli ebrei, il Messia sarebbe apparso proprio quando, nella costellazione dei Pesci, Giove e Saturno avessero unito la loro luce.

Pochi diedero peso a queste scoperte di Keplero, prima di tutto perché la critica non aveva ancora stabilito con certezza che Gesù era nato prima della data tradizionale. Quel 7 avanti Cristo dunque non impressionava. E poi anche perché l’astronomo univa troppo volentieri ai risultati scientifici le divagazioni mistiche.

Oltre due secoli dopo, lo studioso danese Munter  scopre e decifra un commentario ebraico medievale al libro di Daniele, proprio quello delle “settanta settimane”. Munter prova con quell’antico testo che ancora nel Medio Evo per alcuni dotti giudei la congiunzione Giove-Saturno nella costellazione dei Pesci era  uno dei “segni” che dovevano accompagnare la nascita del Messia.

Si ha così una riprova della credenza giudaica segnalata da Keplero che, con le “date” di Giacobbe e di Daniele, può avere alimentato l’attesa ebraica del primo secolo.

Nel 1902 è pubblicata la cosiddetta Tavola Planetaria, conservata ora a Berlino: è un papiro egiziano che riporta con esattezza i moti dei pianeti dal 17 avanti Cristo al 10 dopo Cristo. I calcoli di Keplero (già confermati del resto dagli astronomi moderni) trovano una conferma ulteriore, basata addirittura sull’osservazione diretta degli studiosi egiziani che avevano compilato la “Tavola”.

Nel 7 avanti Cristo si era appunto verificata la congiunzione Giove-Saturno ed era stata visibilissima e luminosissima su tutto il Mediterraneo.

Infine, nel 1925 è pubblicato il “Calendario Stellare di Sippar”. E’ una tavoletta in terracotta con scrittura cuneiforme proveniente appunto dall’antica città di Sippar, sull’Eufrate, sede  di una importante scuola di astrologia babilonese. Nel “Calendario” sono riportati tutti i movimenti e le congiunzioni celesti proprio del 7 avanti Cristo. Perché quell’anno? Perché, secondo gli astronomi babilonesi, nel 7 avanti Cristo la congiunzione di Giove con Saturno nel regno dei Pesci doveva verificarsi per ben tre volte: il 29 maggio, il 1° ottobre e il 5 dicembre. Da notare che quella congiunzione si verifica soltanto ogni 794 anni e per una volta sola: nel 7 avanti Cristo, invece, si ebbe per ben tre volte. Anche questo calcolo degli antichissimi esperti di Sippar fu trovato esatto dagli astronomi contemporanei.

Gli archeologi hanno infine decifrato la simbologia degli astrologi babilonesi. Ecco i loro risultati: Giove, per quegli antichi indovini, era  il pianeta dei dominatori del mondo, Saturno il pianeta protettore di Israele e la costellazione dei Pesci era considerata il segno della Fine del tempi, dell’inizio cioè dell’era messianica. Dunque potrebbe essere qualcosa di più di un mito il racconto di Matteo del’arrivo dall’Oriente a Gerusalemme, di sapienti, di Magi che chiedono: “Dove è nato il Re dei Giudei?”.

 E’ ormai certo, infatti, che tra il Tigri e l’Eufrate, non solo si aspettava (come in tutto l’Oriente) un Messia che doveva giungere da Israele, Ma si era pure stabilito con stupefacente sicurezza che doveva nascere in un tempo determinato.

Quel tempo in cui, per i cristiani, il “Dominatore del mondo” è veramente apparso.

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