CE LA FACCIAMO?

       RECUPERARE LA DINAMICA RELAZIONALE ORIGINARIA

                                (In principio era… la RELAZIONE…)  

    Nell’epoca del “mal di relazione” e del predominio di relazioni virtuali urge recuperare, da parte di tutti, la dinamica della relazione reale con le persone. L’esempio di Gesù che prima di rispondere al giovane ricco che gli aveva posto una domanda seria, prima di rispondere “fissatolo lo amò”, è di esempio. Scrive Mac Luhan che “il mezzo è il messaggio”, ma quando il mezzo con il quale si vuole comunicare un messaggio è la persona stessa,  ne consegue che tutto dipende da come questa persona “si relaziona” .

   E’ già il come ci si relaziona ad inviare il  primo messaggio. La meditazione per questo mese la traggo da uno scritto di Anselm Grun. E’ rivolta ai sacerdoti, ma ritengo possa essere utile anche a tutti coloro che, avendo come parametro dei propri comportamenti il bene supremo del Regno di Dio, vivono la loro quotidianità intessuta di tanti incontri… più o meno casuali.

                      IMPORTANZA DI UNA BUONA RELAZIONE

                          (pensato per i sacerdoti, ma utile per ogni cristiano)

  “La trasformazione per mezzo dell’incontro è proprio il compito della pastorale. Alcuni sacerdoti sono troppo preoccupati di dover convincere i fedeli  della morale e della dottrina della chiesa. Molto più importante del nostro ideale di predicazione è invece l’incontro che può essere sperimentato in ogni colloquio e soprattutto anche nella liturgia.

   Se nella liturgia io sono innanzitutto in rapporto con l’uomo, Dio lo trasforma di più di quando gli annuncio solo la retta dottrina.

   E se nella preparazione al battesimo e al matrimonio incontro veramente l’uomo, allora avviene in lui qualcosa di più di quando gli espongo i doveri degli sposi o dei genitori cristiani.

   Nel vero incontro Dio stesso può trasformare i cuori degli uomini. Il problema è se noi siamo capaci di simili incontri trasformanti.

   Essi richiedono apertura e rispetto dell’altro, libertà da pregiudizi, disponibilità a entrare hic et nunc in relazione con  l’altro, richiedono un atteggiamento per il quale quest’uomo è l’unico importante sulla terra in questo momento.

   Cura delle anime non significa solo trasformazione del singolo attraverso l’incontro, ma anche tenere sempre presente la comunità trasformata. Un presupposto per la trasformazione della comunità sta nella mia fede che Dio possa avviarla, che lui voglia abitarci e agire in essa. Io devo confidare che gli uomini siano pronti e aperti alla trasformazione. Anche qui non esistono trucchi banali per provocarla.

   Spesso inavvertitamente qualcosa nella comunità cambia, come il granellino di senapa, che per lungo tempo resta invisibile finché non diviene un albero a cui altri possono appoggiarsi e sui cui rami gli uccelli possono cinguettare. Devo solo credere in questa trasformazione e guardare con gli occhi della fede ciò che già sta crescendo.

   Se mi rivolgo a quanto sta spuntando e lo interpreto come un agire di Dio, esso può continuare a crescere. Ma nella fede devo anche rispettare i tempi durante i quali apparentemente non succede nulla.

   La fiducia negli uomini e  la preghiera per essi li trasformeranno. La preghiera renderà me stesso più sensibile ai segni dell’agire di Dio negli uomini. I rapporti all’interno della comunità rispecchieranno la mia capacità o incapacità di relazione. Perciò la comunità può cambiare silo se io cambio nelle mie relazioni e di nuovo mi fido di essa e confido che Dio l’abbia scelta come luogo della sua presenza. In tutto ciò devo rispettare le leggi della dinamica di gruppo. Esse mi possono aiutare ad avviare il processo di trasformazione, il che non nascerebbe mai per solo convincimento.

   Devo conoscere i presupposti psicologici, devo sapere cole gli uomini possono ridurre le loro paure e apprendere l’apertura.

   Lo stare insieme sincero e aperto nei colloqui e nell’agire comune trasformerà col tempo le relazioni vicendevoli e aprirà nuove strade.

   Gli appelli moralistici non cambiano la comunità. Devo percorrere insieme ad essa un cammino di esercizi comuni, che ci potranno cambiare.

   Un tale esercizio potrebbe essere, ad esempio, una quaresima programmata insieme, settimane comuni di digiuno, meditazioni in comune, la compartecipazione alla lettura della Bibbia; potrebbe consistere nel fatto che la comunità sia disponibile a un comportamento attento all’ecologia o che si curi degli emarginati. E’ importante che essa si muova insieme. Allora il cammino diventerà un cammino di trasformazione.

   Né la morale, né il dogma trasformano la comunità. Anche se la dottrina è ortodossa, approfondita e attuale, non ha in sé alcuna forza trasformante.

   Non la dottrina, ma il comune ascolto della Parola di Dio, la comune ricerca oggi della volontà di dio per noi trasforma la comunità.

   Il sacerdote in tutto ciò ha il compito di promuovere la ricerca e di fecondarla costantemente con le sue esortazioni.

   Può fare ciò,  solo se nella vita spirituale cerca veramente Dio, come Benedetto richiede al monaco per tutta la vita.

   Il sacerdote si deve preoccupare principalmente di offrire la sua anima a Dio e di tendere solo a Lui. Solo così può invitare la comunità in tutte le attività, a guardare sempre a Dio come unica sorgente di vita. Se il sacerdote lo cerca veramente,  avrà fiducia che anche la comunità si metta in cammino incontro a Dio e non si accontenti  delle sole attività pastorali”.

                                     (Anselm Grun, IL CORAGGIO DI TRASFORMARSI)

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