DIVAGAZIONI, SOTTO CONTROLLO, ATTORNO AGLI ESERCIZI SPIRITUALI
Ascoltando, ieri sera, il parroco don Maurizio Mirilli della parrocchia romana del SS.mo Sacramento a Tor de’ Schiavi alla quale appartengo prendere spunto dal racconto riportato dall’ evangelista Marco della guarigione di un lebbroso, la mia mente ha pescato nella memoria un aforisma tanto caro alle scienza psicologica che si occupa di “relazioni interpersonali benefiche”.
L’aforisma è il seguente: “Le parole servono la mente, i gesti servono il cuore, il silenzio serve l’anima”.
Pare proprio che Gesù ne fosse già al corrente, in quanto che il suo comportamento con il lebbroso segue, pari pari, tale dinamica:
- Le parole servono la mente (“Lo voglio, sii purificato”)
- I gesti servono il cuore (“Stese la mano, lo toccò”)
- Il silenzio serve l’anima (“Mosso a compassione”)
Rovesciando la successione dell’aforisma si scopre che viene messa in luce, prima di tutto, la cura di Gesù nel cercare l’approccio relazionale più congruo che è quello che avviene, silenziosamente, al livello dell’anima, al quale segue, ancora silenzioso, quello del cuore con il tocco fisico, per concludersi con quello della mente con l’imperativo positivo del guarire.
Se ne possono ricavare conclusioni operative immediate per porre mano e magari “risanare” tante nostre relazioni interpersonali monche o addirittura problematiche.
C’è però anche un secondo stimolo che ha fatto riemergere dalla mia memoria qualcosa di curioso ed è quello dell’imperativo “negativo” di Gesù rivolto “severamente” al lebbroso di fresco guarito (la “severità” non esclude, di per sé, la “compassione”… nelle relazioni umane) di “non dire niente a nessuno”.
Sempre facendo riferimento ad alcuni dati della scienza psicologica c’è da sottolineare che impartire ordini o comandi “negativi” non sempre ottiene risultati positivi. Il seguente paragone spiegherà perché.
Se paragoniamo la nostra mente ad una pellicola “negativa” di una macchina fotografica predigitale, constatiamo quanto segue: quando si scatta una foto (foto – grafia etimologicamente significa proprio scrittura di luce) il clic consente alla luce di scrivere i suoi colori sulla negativa della pellicola, la quale pellicola poi, attraverso un processo chimico, sviluppa il “positivo” lasciato dalla luce.
Da qui il confronto con quello che avviene quando si impartisce un ordine negativo: dare un ordine negativo comporta il rischio della “disubbidienza”…
Un esempio: se diciamo ad una persona di “non pensare ad un elefante”, nella sua mente appare l’immagine di un elefante…
Viene il sospetto che Gesù fosse a conoscenza di questa curiosa dinamica della mente umana…
Viene anche il sospetto che questa storia incominci da lontano, da quando cioè il Creatore intimò ad Adamo ed Eva di “non mangiare dell’albero situato in mezzo al giardino”… ma questa è un’altra storia che attiene al mistero del male.
Preferibile pertanto, nelle relazioni umane, privilegiare esortazioni, comandi, ordini, imperativi, suggerimenti al “positivo”.. per correre meno rischi.
Al posto di “non avere paura”… forse è preferibile sussurrare “abbi fiducia”, al posto di “non piangere”… forse è più benefico “cosa ti fa piangere?”, al posto di “non arrabbiarti”… forse è più calmante offrire in silenzio la propria calma… e via discorrendo.
E, quanto alla gioia, mi piace riportare, in conclusione, questo aneddoto di Santa Teresa di Calcutta:
“Alcune persone vennero a trovarmi a Calcutta e prima di partire mi pregarono: – ci dica qualcosa che ci aiuti a vivere meglio – . E io dissi loro: – Sorridetevi a vicenda, sorridete a vostra moglie, a vostro marito, ai vostri figli, sorridetevi a vicenda; poco importa chi sia quello a cui sorridete; questo vi aiuterà a vivere meglio e a crescere nell’amore reciproco -. Allora uno di quelli mi domandò: – Lei è sposata? -. –Sì, risposi, e qualche volta trovo difficile sorridere a Lui. Ed è vero. Anche Gesù può essere molto esigente ed è proprio quando Egli è così esigente che è molto bello rispondergli con un grande sorriso”.