DA LEGGERE A STOMACO VUOTO

LE MIE IMMODESTE IMPRESSIONI SUL CONGRESSO DELLE FAMIGLIE DI VERONA…..

 

San Giovanni Paolo II ebbe a dire una volta: “Lasciate che l’errore si distrugga da solo”.

E’ una esortazione di assoluto valore spirituale e di intelligente suggerimento psicologico. L’agitazione nello scagliarsi contro il male, infatti, non sempre denota uno zelo equilibrato.

Perché dannarsi l’anima per volerla salvare o salvare quella degli altri?  

Il male si denuncia da solo. Il rumore del male si denuncia da solo, in barba all’ amplificazione del medesimo, strumentalizzata ad arte dai vari social per interessi che nulla hanno a che fare con un approccio serio e sereno del tema in questione.

Mi permetto di disquisire un po’ sull’ atteggiamento del “contro” che caratterizza tante relazioni al mondo d’oggi e mi chiedo come mai, ad esempio, venga, per così dire, “istituzionalizzata” l’opposizione, da parte di chi risulta perdente nella competizione democratica.

Perché chi perde (che magari è la metà o poco meno di chi vince) deve andar “contro”, per partito preso, a chi ha vinto?

Sono questi inquietanti interrogativi che mi hanno sollecitato ad andare alle origini, a cercare di trovare il luogo e il momento genetico nel quale il “contro” ha fatto irruzione nel tempo.

L’origine del male si colloca in quell’ illusorio voler andare “contro” Dio  da parte di Satana.

“Per invidia del diavolo è entrato il male nel mondo” si legge nella Bibbia.

Ed è  anche per questa ragione che ho iniziato ad avere sospetto  nei riguardi di taluni “contro” storicamente ricorrenti nell’ avvicendarsi dei giorni…

E’ Satana ad andare “contro” Dio… e non il contrario.

Da qui comincia “la disarmonia” dell’universo, di quell’ universo armonioso così ben organizzato dal Creatore.

Quello che misteriosamente sempre mi sconvolge è che Satana, nella sua lucida intelligenza, non riesca a capire che ha i giorni (si fa per dire) contati.

Ma ancor più mi sorprende la sua cocciutaggine, il suo rabbioso rifiuto al confronto, al dialogo e al suo rifiuto assoluto di pentirsi (e proprio in questo sta la malizia intrinseca del peccare, sta nel volere il male come tale con “piena avvertenza”; ed in questo consisterebbe anche la sua non perdonabilità in quanto peccato “contro” lo Spirito).

Mi sorprende, mi sconvolge, ma anche mi tranquillizza tutto questo… perché è nella natura di Dio Amore non poter mercanteggiare con l’odio, non è nella costituzione genetica del Bene scendere a patti con il Male, è nella struttura originaria della Creazione non avere spazi di negoziazione di nessun tipo con chiunque ne pretenda anche un solo angoletto.

Lo stesso Gesù, nel suo aspro battibecco con Satana nel deserto, ci insegna a tagliare corto con Satana con determinazione e a non lasciarci rimbambire dai suoi ragionamenti speciosi.

E a chi obietta che anche Gesù si scagliò spesso “contro” qualcuno, ricordo la differenza tra “collera” e “sdegno”.

La collera, soprattutto se gratuita e alimentata da ideologia astratta da arrampicata sugli specchi, acida e pseudoculturale è un andare “contro” comunque e a prescindere.

Lo “sdegno” è invece la reazione sana nei confronti di chi sta andando contro la propria “dignità”, di chi la sta schiacciando.

“Chi non è con me è contro di me” dirà Gesù… e non si era montato la testa!

 

Ancora sul Convegno di Verona… alcune immodeste considerazioni per alcuni  modestissimi intellettuali di casa nostra

 

Credo  importante accennare (senza svilupparli) ad alcuni concetti i fondo (diritto naturale, diritto civile, cultura e natura, famiglia patriarcale, nucleare, adottiva, monogenitoriale, ricombinata, omogenitoriale, allargata, ricomposta…), precisando che “la verità è al singolare” (Dio crea “la coppia” composta da maschio e femmina, ish e issha in ebraico e non altro, Dio crea la “famiglia” sgorgante da tale coppia e non altro,  Dio crea la “natura” e non altro….).

In seconda battuta vorrei accennare alla realtà del “limite del linguaggio umano” quando ci si inerpica sulle tortuose strade della “definizione” di un dato della realtà ed anche, e lo dico sommessamente, alla tendenza ad usare espressioni eufemistiche quando la realtà si presenta nella sua nuda drammaticità.

Un esempio per tutti: nel caso dell’aborto (che è drammaticamente un figlicidio) si usa l’espressione edulcorata “interruzione volontaria della gravidanza”.

Mi chiedo se “interrompere una vita” sia equiparabile alla interruzione della corrente elettrica che alimenta una luce… Me lo chiedo e basta.

Mi chiedo anche se definire la omosessualità come “differente normalità” giovi a vederci chiaro nello scenario complesso e certamente problematico di tale realtà…

Cosa dire, anche, della parola “omofobia”? Ho l’impressione che talvolta si  usino determinati vocaboli in maniera approssimativa e per nulla scientifica.

“Fobia” è un vocabolo appartenente al mondo complesso e articolato delle patologie psichiche e avente a che fare con il mondo delle emozioni e dei sentimenti, in particolar modo con il mondo variegato della paura, dell’ansia, dell’angoscia, del panico…

Mi chiedo se sia corretto, dal punto di vista della psicologia dinamica, voler legiferare sui sentimenti…

Mi chiedo ancora se sia onesto fare di ogni erba un fascio appioppando l’etichetta di “omofobo” a chi magari nutre semplicemente delle “perplessità” sulla ideologia sostenitrice della “omosessualità”, come di una  “differente normalità”.

Mi chiedo, in conclusione, se non sia più onesto riconoscere, invece,  “l’omoperplessità” come un sano sentimento di difesa nei riguardi della ideologia della “omosessualità” intesa come “differente normalità”.

Parlare di “omofobia” mi pare proprio esagerato. Parlare di “omoperplessità” mi pare più equilibrato.

 

Sarebbe, a questo punto, più onesto andare alle origini della creazione più che soffermarsi sulle “originali” vedute interpretative della medesima creazione.

Ribadisco che questo argomentare riguarda la filosofia dell’omosessualità… e non intende minimamente includere la persona omosessuale. 

 

Il dato antropologico delle origini è incontrovertibile, nonostante abbia subito lo sfregio proprio dalla prima coppia, la quale, per voler essere “originale” pensò bene che il “male” (anagramma in lingua italiana di “mela”… benché il dato biblico parli di frutto) si potesse fare anche “bene”.

Tale comportamento “originale” attiene al grande mistero del male, tra le cui pieghe è sconsigliato avventurarsi…con la sola ragione.

Ma torniamo a noi.

Sul piano dialettico, ed anche storico, il confronto tra “natura” e “cultura” è sempre stato una costante. Da una parte i “naturalisti”, gli “ecologisti” e dall’ altra gli “ideologi” o gli ideoecologisti”.

Esiste anche una “ecologia della creazione”, una  “ecologia della sessualità” o no?

Sebbene a parole nessuna categoria  avesse avuto intenzione di prevaricare sull’ altra, in pratica è innegabile che in questi ultimi tempi  sia in atto una sottile prevaricazione del “culturalisti” sui “naturalisti”.

Mi chiedo come mai… e non mi so rispondere, anche perché entrambe le categorie di persone fanno parte del genere umano ed hanno i medesimi bisogni, in vetta ai quali c’è il bisogno di capire e di essere capiti.

Cosa difficile, se non impossibile, quando si parte da posizioni preconcette, pregiudiziali, oppositive per scelta ideologica o per chissà quale dinamica inconscia non riconosciuta.

 Volendo descrivere le tendenze della cultura odierna, ne potrebbe uscire un quadro così:

 

–           Una cultura più incline al fare che al contemplare…

–           Una cultura più improntata alla tecnica che all’etica…

–           Una cultura più sbilanciata sul frammentario che non sul progetto intero…

–           Una cultura più attratta dalla emotività che non dalla ragionevolezza…

–           Una cultura  più incline al razionale che non allo spirituale

–           Una cultura della reversibilità delle scelte e timorosa della definitività…

–             Una cultura ubriaca di ideologia e povera di intelligenza

–           Una cultura dell’individualità in conflitto con la relazionalità…

–           Una cultura dell’apparire che penalizza l’essere…

–           Una cultura del desiderio che si autoproclama diritto…

–           Una cultura del “contro”che preclude il confronto…

 

E si potrebbe continuare, ma finirebbe per angosciare troppo.

Relativamente al tema in questione, sembrerebbe quindi di poter dedurre che tali “mode culturali” abbiano finito per influire confusamente e negativamente anche  nel settore della sessualità, specie nella dialettica “desiderio – diritto”.

 “MA DOVE STA SCRITTO CHE CIO’ CHE SI DESIDERA AVERE, ABBIA DIRITTO AD AVERLO? Dove sta scritto cioè che ho diritto ad avere gli stessi diritti degli sposati pur non essendolo? Dove sta scritto che l’omosessualità accampi dei diritti propri della eterosessualità? Dove sta scritto? Dove sta scritto che il desiderio si autoproclami diritto? Un giudice pontificava così: “Nessuno può negare il diritto alla paternità”.

Sicuro, caro giudice?  Ma la paternità non è forse un dono distribuito dal Creatore (dalla natura) secondo criteri che sfuggono alla comprensione della nostra piccola e striminzita mente?

“Quidquid recipitur ad modum recipientis recipitur” ammonivano gli antichi pensatori latini (ciò che si recepisce  dipende dalla grandezza – o meno – del recipiente).

 Non è che si stia passando dal “tutto è grazia” (espressione con la quale George Bernanos chiudeva un suo celebre romanzo) al “tutto è diritto”?

A quando allora, paradossalmente parlando, il diritto a nascere?

Sono domande congrue  alle quali occorrerebbe rispondere in umile semplicità attivando l’uso dell’intelligenza al suo livello più alto, cioè al livello spirituale, e non al livello ( pur pregevole, se vogliamo) solamente razionale o giuridico.

Gesù, a proposito della domanda degli “intellettuali” suoi coetanei curiosi di sapere come mai Mosè avesse concesso di “divorziare” (cultura… giuridica ) nonostante il Creatore avesse sancito: “L’uomo non separi ciò che Dio ha unito” (cultura… antropologica, natura), diede una risposta tenera, ma decisa: “All’ inizio non era così”, per poi aggiungere,  con tono soavemente rimproverante: “Per la durezza del vostro cuore…” è avvenuto cosà!

Si parla di “cuore” più che di “ragione”. Si parla cioè di “capacità di amare”… che come afferma Fromm è un’ “arte”.

“Capacità” che, come ogni capacità, necessita di un tirocinio di maturazione iscritto nella natura medesima.

Una efficace affermazione di Freud recita così: “L’amore adulto e maturo è la capacità di stabilire una relazione affettiva duratura e stabile”.

Non è che certi “ragionamenti” siano elaborati più in versione tecnica che non artistica?

Me lo chiedo, anche perché va ricordato che: “Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce”. 

Aggiungerei le tre caratteristiche (inscindibili tra loro) della sessualità umana: creativa (nel senso che l’attrazione maschio femmina genera la coppia),  ricreativa (nel senso dell’eros, del sentimento, della piacevole complicità amorosa),  procreativa (nel senso che tale relazione interpersonale tra maschio e femmina è generativa di futuro).

Mi chiedo se nel panorama filosofico-ideologico della “omosessualità” vi sia presenza di tutte e tre queste caratteristiche.

Alcune affermazioni poco còlte, colte qua e là: “Rivendichiamo la libertà di decidere sul nostro corpo e sulle nostre vite”.

Il plurale maiestatico!

Ma lo sai, cara ragazza, che esiste una libertà “di” fare quello che si vuole o che ci piace (e questa è la libertà bambina di poter fare il bene e anche il suo esatto contrario, la libertà di poter avere i denti sani o cariati…) e una libertà “da” (dalla carie, ad esempio…, dal male e non di fare anche il male) e una libertà “per” avviarsi verso un traguardo di realizzazione intelligente di sé?

Decidere “sul proprio corpo”? E quando in quel tuo corpo ce ne è un altro? “E’ già persona colui che lo sarà” scriveva Tertulliano.

“A Verona i fanatici, qui quelli di buon senso”.

Caro ….. , per saper di psicologia (e di altro) solo che due più due fa a volte cinque…. ti ricordo che molta letteratura psicologica equipara il giudizio negativo sugli altri una proiezione di quanto di negativo sta in se stessi… Trarne le conclusioni richiede umiltà.

Continuo con Machiavelli: “Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità, poca osservazione e molto ragionamento conducono all’ errore”.

Forse certa gente “ragiona troppo” senza riflettere…

Gli specchi non pensano, non ragionano… ma umilmente riflettono la realtà che gli si pone loro di fronte.

A noi avere la calma obiettiva di descrivere quanto riflesso nello specchio della nostra anima, della nostra mente… allontanando il più possibile il rischio del rimbambimento intellettualistico autocelebrativo.

“La verità era uno specchio che cadendo andò in frantumi e ciascuno, prendendo in mano un frantume e vedendosi rispecchiato dentro, “pensò” di possedere l’intera verità”. (Rumi, mistico del XII secolo).

Quanto all’ uso del termine “tradizionale” riferito alla famiglia in senso negativo (molti giornalisti ripetitivamente e acriticamente lo usano…) aggiungo solo che “senza radici non si vola”… e quand’ anche ci si alzasse un poco da terra, difficilmente si potrà raggiungere l’altezza di un arcobaleno, con buona pace delle famiglie arcobaleno!

Quanto poi a ritenere “etico e lecito” ciò che viene deciso dalla “maggioranza”… non sprecherei ragionamenti.

E’ stata la maggioranza a decidere la sorte di Gesù.

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