CENTOCELLE – AMICI DELL’ISTITUZIONE TERESIANA
(16 gennaio 2019)
TEMA DELL’INCONTRO: quando il mistero del dolore minaccia le buone relazioni.
La parola “mistero” è una delle parole che maggiormente si presta ad interpretazioni di vario genere.
Talvolta la si accosta ad enigma, a problema irrisolvibile, a somma complicazione di eventi senza via d’uscita.
A noi, nell’incontro di oggi, è sufficiente stare con i piedi per terra onde evitare equivoci o interpretazioni tra loro, talvolta contrastanti.
Ed avere i piedi per terra (con lo sguardo rivolto al Cielo) significa semplicemente
farsi una ragione di ciò che all’apparenza sembra non avere alcuna spiegazione. Occorre cioè, umilmente ricordare che “Ci vuole tutta una vita per capire che non si può capire tutto” e “L’ultimo passo della ragione è quello di ammettere che vi sono cose che la superano” e “Se togliete il mistero, non ci capirete più nulla” e “”Chi non accetta il mistero non è degno di vivere”.
Di “misteri”, nella storia della salvezza, ce ne sono a bizzeffe, tanto che, nel santo rosario vengono differenziati in “gaudiosi”, “luminosi”, “dolorosi”, “gloriosi”. Non si è ancora trovato posto per i “misteri curiosi”, ma questa è un’altra storia!
Ed è proprio quanto accade di “doloroso” nella vita di ognuno di noi, contro le nostre pur buone aspettative e in barba a tutti i buoni progetti, a mettere a rischio la serenità del vivere e le buone relazioni.
Succede, non così raramente purtroppo, che un evento di dolore, infatti, anziché cementare una relazione (tra marito e moglie o con la vita in generale) procuri delle crepe nella medesima fino al punto di romperla del tutto. Ed anche questo si configura come “mistero” che si aggiunge a “mistero”.
La letteratura psicologica ci avverte: “Il modo con cui scegliamo di vedere il mondo crea il mondo che vediamo”. C’è da riflettere.
Sono state studiate anche le fasi che seguono ad un evento doloroso (separazione, morte…): negazione, rabbia, patteggiamento, stato depressivo, accettazione. Dove per “accettazione” si intende ingoiare il rospo… e digerirlo, fare il morto a galla nell’oceano del mistero senza affogare alla ricerca di profondità, confini dell’oceano.
Occorre cioè chiedere allo Spirito una delle grazie più curiose che si possano immaginare, la grazia dell’appetito di mistero (di cui l’anima è ghiotta). Occorre non affannarsi a cercare spiegazioni, ma predisporci interiormente ad essere buongustai di mistero. Una domanda di grazia, insistente e quotidiana perché la nostra fragilità ci può giocare brutti scherzi.
Ricordiamo infine una massima di Pierre Charles: “Dio non ci risparmia la sofferenza, ma ci protegge nella sofferenza”.
“Come” vien da chiederci, ma anche questo è mistero! (www.gigiavanti.com)