NE UCCIDE PIU’ LA LINGUA CHE LA SPADA
La saggezza soave seminata da secoli nei proverbi popolari (senza trascurare quella contenuta nei testi biblici) continua nella sua quasi impercettibile missione culturale in barba a certa chiassosa e sovente spocchiosa saputoneria culturale odierna.
Il proverbio del titolo è stato ed è, insieme a tantissimi altri, nutrimento culturale oltre che spirituale di tantissime generazioni.
Ed è proprio questo proverbio fulminante che mi ha sollecitato a cercare qualcosa di più articolato… che ho trovato nel brano dell’apostolo Giacomo alle prese con il “male inguaribile” del pettegolezzo spicciolo o raffinato, riportato o prodotto in autonomia, camaleontico e strisciante… in una parola, nefasto.
“Non fatevi maestri in molti, fratelli miei, consapevoli che saremo sottoposti a un giudizio più severo degli altri.
In molte cose, infatti, sbagliamo tutti. Se uno non sbaglia nel parlare, costui è davvero un uomo perfetto in grado di dominare anche il corpo.
Quando mettiamo il morso in bocca ai cavalli, perché ci obbediscano, riusciamo a guidare anche tutto il loro corpo.
Anche le navi, quantunque così grandi e spinte da forti venti, sono guidate da un piccolissimo timone dovunque vuole il timoniere.
Così anche la lingua è un piccolissimo membro e tuttavia può vantarsi di grandi imprese.
Un piccolo fuoco è capace di incendiare un grande bosco.
Anche la lingua è un fuoco, un vero mondo di cattiveria. Posta fra le nostre membra, contamina l’intero corpo e incendia il corso della vita, attizzata essa stessa dal fuoco della Geenna.
Infatti ogni genere di bestie e di uccelli, di rettili e di pesci può essere domato e addomesticato dalla razza umana.
La lingua, invece, nessun uomo riuscirà a domarla: è un male ribelle, è piena di veleno mortale.
Con essa benediciamo Il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. E’ dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione.
Non dev’essere, così, fratelli miei!
Forse la sorgente può far sorgere dallo stesso getto acqua dolce e amara? Può forse, miei fratelli, un fico produrre olive o una vite produrre fichi? Neppure una sorgente salata può produrre acqua dolce”.
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(Lettera di Giacomo, 3,1 – 4,12)