Magari sarà una personalissima curiosa opinione, ma mi va di condividerla con i simpatici “curiosi” che di tanto in tanto peregrinano su queste righe. Da quando mi è capitato di scoprire che la parola “persona”, nella etimologia della lingua greca, equivale a “maschera” ho dedotto la seguente considerazione: quando Dio, l’invisibile, desise di creare il mondo umano, non potè fare altro che scaraventare nel tempo-spazio un pezzetto o una scintilla della Sua Divinità (anima divina) rendendola “visibile”, mascherandola, “impersonificandola”, dandole cioè dei connotati fisici (il corpo) e quanto sta al suo interno (idee, sentimenti, emozioni). Questa storia dell’anima che diventa persona nasconde due eventualità, una positiva e una negativa. Quella positiva è questa: quando le anime si incontrano, si riconoscono immediatamente essendo nate e annodate nella dimensione dell’eterno…e si trovano immediatamente “simpatiche”. Si trovano bene incontrandosi… Quella potenzialmente negativa: quando le persone si incontrano possono incominciare i guai; ed incominciano proprio perchè la maschera “personale” indossata dall’anima (corpo, idee, sentimenti, emozioni) anzichè favorire la piena gioia dell’incontro “anima ad anima”, quasi la ostacola, addirittura la soffoca. Non potrebbe essere anche per questa ragione che alcune o tante persone risultano o si percepiscono reciprocamente antipatiche? A livello di anima, quindi a livello genetico, il Creatore ci fa “simpatici”… A livello “culturale” (dove per culturale si intende semplicemente la curiosa e mutevole struttura fenomenologica spazio-tempo) le creature si rendono “antipatiche” per via delle diverse idee, dei diversi sentimenti… Le anime hanno l’inclinazione genetica ad apprezzarsi, a valutarsi positivamente (e questo è l’utero della gioia dello stare insieme)… Le persone hanno quasi l’inclinazione acquisita a giudicarsi, a segnare vicendevolmente punti negativi, ad aver da ridire sulle reciproche diversità ideologiche, religiose, sociali, comportamentali (e questo è l’utero della nefasta e cronica conflittualità pettegola caratterizzante tante e tante relazioni “interpersonali”) Una via d’uscita? Togliersi la maschera… o non farci troppo caso. Il neonato, che ancora non è compiutamente “mascherato”, impara per prima cosa a sorridere… Le anime nascono sorridenti. Il sorriso è la lingua madre dell’anima… comprensibile senza apprendistati scolastici e senza necessità di intermediari o di interpreti. Laddove invece il volto, nella volontaria modulazione di muscoli e di sguardi, parla linguaggi silenti d’ira, di collera, di dolore, di paura, di malinconia, perfino di odio… si fa difficile il convivere delle anime.