Per tanto tempo ho creduto che i “pensieri cattivi” fossero quelli che riguardassero il sesso o cose affini. Poi piano piano mi sono convinto, anche con l’aiuto di psicologi “bravi”, che i pensieri cattivi erano in realtà i retro-pensieri, quei pensieri cioè che stanno dietro i nostri comportamenti e che proprio perché stanno dietro ci possono anche prendere per il sedere arrivando a rovinare, talvolta senza che ce ne accorgiamo, la realtà della vita di relazione.
Tutti sappiamo che la realtà del vivere, specialmente quella del vivere coniugale e familiare, è spesso dura, faticosa, “problematica”. E tutti sappiamo, parimenti, quanto sia diverso il livello di sopportazione di quanto si “interpreta” o si “legge” come problema da parte delle singole persone. C’è gente infatti per la quale tutto fa problema e gente, invece, per la quale “non c’è problema”, “tutto si risolve”.
Questo per dire che una “realtà”, un “evento”, una “situazione” diventa “problema quando non la si riconosce e non la si accetta come tale. Ammonisce Kaufmann: “Il modo in cui scegliamo di vedere il mondo crea il mondo che vediamo”. Una breve digressione…a riguardo della “realtà” conosciutissima della “suocera” (intesa qui come categoria psicologica più che come persona, intesa cioè come atteggiamento di voler mettere lingua su tutto). La realtà della suocera diventa problema quando non la si accetta come tale. Scrive infatti Erich Fromm che “amare è accettare l’altro così come è senza volontà di cambiarlo”. E questo DNA dell’amore è applicabile anche alla “suocera”.
A questo punto, quando si crede di avere a che fare con un “problema”, occorrerebbe avere tempo e modo di discernere tra quanto è “oggettivamente” problema (magari da risolvere o con il quale imparare a convivere…) e quanto, invece, è problema soltanto nella propria testa; saper discernere cioè quanto attiene ad una propria lettura distorta della realtà, lettura distorta favorita appunto da quei maledetti “pensieri cattivi” che la determinano.
Quei benedetti o maledetti “pensieri cattivi” si annidano proprio nella zona oscura del proprio inconscio (che tra l’altro è occupato anche da pensieri “buoni”…troppo sovente addormentati) e finiscono per guastare il benessere relazionale che consiste semplicemente nel vivere il “qui ed ora” a cuor leggere (non appesantito cioè da sentimenti pregressi di rabbia e dolore o da sentimenti proiettati sul futuro di paura e di ansia…) e a mente libera (libera appunto da pensieri prefabbricati che non leggono la realtà del qui ed ora).
Mi limito a descriverne due di questi pensieri cattivi responsabili di un vivere relazionale teso o inappagante.
Un primo “pensiero cattivo” ( che solitamente porta all’atteggiamento onnipotente del voler “risolvere un problema una volta per tutte” ) è il seguente, espresso nelle sue due versioni, una riguardante il passato: “non doveva succedere”, “non te lo dovevi permettere” e una riguardante il futuro :“che sia l’ultima volta”, “non deve succedere più”. Senza dire delle possibili minacce o ricatti susseguenti “se capita ancora, quella è la porta” o espressioni simili.
Si consideri se non è preda di una sindrome di onnipotentismo chi crede di poter “controllare “ passato o futuro delle persone uscendosene con espressioni del genere! Espressioni “deficienti”, nel senso che sono espressioni mancanti di lettura della realtà che si dipana, invece, in un qui e ora di libertà e di fantasia impossibili da controllare.
Un secondo “pensiero cattivo” in grado di guastare tanti comportamenti della quotidianità e che è la causa principale dello stress è quello di chi fa le cose così da “togliersi il pensiero” (curioso questo lapsus…) rispetto a chi, semplicemente, le fa perché vanno fatte…”Così non ci penso più”…si suol dire. Ma sarà proprio vero?
Di questo passo si arriva anche ad “andare a messa” per togliersi il pensiero, a fare la cresima “per togliersi il pensiero”…magari anche a sposarsi “per togliersi il pensiero”…E che dire se si arriva anche a pensare di voler morire “per togliersi il pensiero”!?
E così di pensiero cattivo in pensiero cattivo si finisce per incattivirsi nei rapporti, si finisce per perdere la soavità di una relazione che soltanto nell’attenzione a vivere il qui ed ora è possibile godere (il pane quotidiano…di cui si chiede la razione nel Padre nostro…e di cui Cristo indica la ricetta “mio cibo è fare la volontà del Padre”…quella volontà da discernere con immediatezza negli eventi della quotidianità).
I pensieri cattivi finiscono per inacidire il vino della festa della vita coniugale e familiare e per far ammuffire il pane fresco di giornata dell’amarsi…
Questa storiella finale spiega la ragione del sottotitolo “pensare male o pensare troppo…porta male”.
E’ la storiella delle tre rane che hanno un “problema”.
“Tre rane caddero in un secchio colmo di latte. La prima rana, pessimista, pensò che non c’era nulla da fare e si lasciò miserevolmente annegare. La seconda, lucida ragionatrice, pensò che se la sarebbe potuta cavare compiendo un gran balzo. Calcolò i valori algebrici della traiettoria, quelli parabolici e dinamici, poi spiccò un salto. Ma, immersa com’era nelle sue elucubrazioni, non aveva notato che il secchio aveva un manico. E proprio contro di esso andò a sfracellarsi. La terza rana, che aveva una gran voglia di vivere, non seppe far altro che esprimere tale voglia: si dimenò, si agitò e si dibattè…Sino a che, scosso da tanto ribollire, il latte divenne burro. Ed essa si salvò.”
I PENSIERI CATTIVI … (pensare male o pensare troppo porta male…)
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