Il Canadian Institute of stress ha curato recentemente una indagine tendente a individuare le cause profonde dello stress e i possibili rimedi. L’indagine è stata condotta nell’arco di tempo di una ventina d’anni ed ha dato sorprendenti risultati statistici:
sono soggette a cadere nella patologia dello stress (depressione ed altre forme di nevrosi) quelle persone che non sono ancora riuscite a “stabilire cosa è veramente importante nella vita” (24,4 %); seguono poi le persone che non sanno dedicare qualche tempo della loro giornata a “pratiche di rilassamento” (16,8 %), poi quelle “incapaci di comunicare (14,4 %).
Anthony De Mello scrive: “La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo occupati a fare altre cose”.
Il Dalai Lama trova drammaticamente sorprendente che “gli uomini perdano la salute per fare soldi e poi perdano i soldi per recuperare la salute”.
Sembra chiaro insomma che l’uomo moderno (e forse l’uomo di tutti i tempi) oscilli tra paure e collere, tra inquietudini e malinconie… non trovando mai pace.
Sembra anche chiaro che il baricentro di questa “pace” possa consistere in quel punto di equilibrio (da discernere immediatamente) tra quello che è importante e quello che è urgente nella vita.
L’uomo di oggi cade sovente nella trappola delle “urgenze” (fare soldi, darsi da fare, fare carriera, fare.. fare.. fare…) penalizzando così le “cose importanti”.
Le letture di questa domenica ci offrono luce per individuare tale baricentro, tale punto d’equilibrio.
La domanda provocatoria riportata da Isaia: “Perché spendete denaro per ciò che non è pane e il vostro patrimonio per ciò che non sazia? (…) Comprate e mangiate senza denaro e senza spesa vino e latte”, fa immediatamente capire il non senso del darsi troppo da fare per cose di portata effimera e lascia intendere che le cose “di vero valore” non hanno prezzo, non sono quantificabili in termini di denaro… quindi sono gratuite. Non sono acquistabili perché già possedute… a patto di averne consapevolezza (fede appassionata).
Il comportamento “compassionevole” di Gesù la sera di quel giorno, il celebre giorno della “moltiplicazione dei pani e dei pesci”, lancia un chiaro messaggio per chi ha orecchie da intendere e desidera sinceramente uscire dal dilemma della scelta tra “urgenza” o “importanza”. Chi fatica ad uscire da questo dilemma finisce spesso per “dannarsi l’anima” dietro alle “urgenze”… perdendola:
E questo messaggio di Gesù non è nei termini di un “aut” “aut”… (o le cose urgenti o le cose importanti) che sarebbe oltretutto autodistruttivo, bensì nei termini di un “et” “et”. Gesù “moltiplicando i pani e i pesci” lascia intendere che si possono benissimo rincorrere le “urgenze”, ma nel contesto di una opzione fondamentale già avvenuta e presente quotidianamente per le cose “ importanti”. Come se avesse voluto far capire con quella “trovata” della moltiplicazione dei pani: “Io soddisfo il bisogno urgente di mangiare di questa sera… proprio perché capiate che la cosa “importante” è che la vostra anima già è nutrita dalla mia presenza.
Non dovrebbe essere arduo per l’anima credente rinforzare, con il quotidiano aiuto dell’orazione, questo baricentro (stare con Gesù è la cosa fondamentale… per questo ha inventato il “miracolo permanente” del “pane eucaristico”).
Ed allora ne trarrebbe giovamento il medesimo stato di salute dell’intera persona…se è vero quanto scoperto dalle scienze umane in questi ultimi tempi: “Molte nevrosi dell’uomo moderno sono riconducibili a un non risolto problema religioso” (C.G. Jung).
E con questo non si vuole insinuare che “il credente” non possa essere soggetto a malanni nevrotici, bensì soltanto affermare che la vita è un universo di continui equilibri… e fortunato chi riesce, per grazia, a individuare presto il punto d’equilibrio fondamentale tra al di qua e al di là… tra urgenza e importanza… tra terra e cielo… tra il “già godibile”” e il “non ancora totalmente godibile”.