OMELIA del 24 aprile 2011 (Pasqua)

Sono contento come una Pasqua! … per essermi toccato in sorte di redigere l’omelia di questo giorno. Ed è stata proprio questa simpatica espressione a farmi riflettere sui concetti di “felicità” e di “gioia”, concetti apparentemente simili, ma dalle sfumature diverse.

Come scrive Susanna Tamaro: “…ma la felicità sta alla gioia come una lampadina elettrica al sole. La felicità ha sempre un oggetto, si è felici di qualcosa, è un sentimento la cui esistenza dipende dall’esterno. La gioia invece non ha oggetto. Ti possiede senza alcuna ragione apparente, nel suo essere somiglia al sole, brucia della combustione del suo stesso cuore”.

La felicità, quindi, si lega in genere ad un risultato ottenuto, ad un traguardo raggiunto, ad un desiderio appagato, ad un sogno realizzato.

La gioia, invece, implode dall’interno del cuore e dell’anima grazie alla consapevolezza di possedere già, per dono, quei risultati, quei traguardi inseguiti nella tenebra lampeggiante del tempo… di posseder cioè la luce fissa dell’immortalità… così come la tenebra del sepolcro conteneva già la luce della risurrezione.

Da qui l’espressione “contento come una Pasqua”, espressione che coglie nel segno proprio in ragione di quella parolina “come” (sono contenuto dalla “luce” anche se immerso nelle tenebre… come avvenne nel sepolcro quelle ore).

Ed è proprio il vangelo di oggi ad evidenziare, tra le tantissime altre sfumature, il fondamento di tale gioia, il fondamento della fede in Cristo risorto.

Essere contenti come una Pasqua significa pertanto smetterla di rincorrere la soddisfazione effimera dei desideri ed accontentarsi del bisogno soddisfatto di “immortalità” sepolto nel profondo del nostro cuore e della nostra anima… garantito dal Risorto.

“Sono contento come una Pasqua” equivale a: “Sono contento perché ho il dono della fede, perché credo”… e credo pur non avendo capito molto … anzi per aver smesso di voler capire.

Alla maniera di Giovanni e Pietro arrivati trafelati all’imbocco del sepolcro vuoto… di quella domenica mattina… piena di mistero…Così come annota l’evangelista: “Allora entrò anche l’altro discepolo e vide e credette… Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che Egli doveva risuscitare dai morti.”

Mi chiedo allora come mai tanta tristezza , mestizia, inquietudine e affanno nel cuore e sul volto di certi credenti che sembrano più appartenere al “club di Geremia” (quello delle lamentazioni…) più che non al club dei “salvati da Cristo”.

Ed è a questi fratelli, compresi quelli vestiti con i colori della porpora e del bisso, il cui cuore affranto impedisce al volto di aprirsi al sorriso che voglio dedicare questa ammonizione: “Non puoi impedire agli uccelli della tristezza di volteggiare sopra il tuo capo, ma puoi certamente impedire loro di farsi il nido tra i tuoi capelli”.

Il passaggio dal club dei perdenti di Geremia a quello dei vincenti di Gesù risorto per sempre… sarebbe così assicurato per sempre. Soprattutto perché Lui ci ha assicurato che sarà con noi fino alla fine dei tempi

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